CORTE DEI CONTI 
     Sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol 
 
    Presiedute dal Presidente Josef Hermann Rössler  e  composte  dai
magistrati: 
        Anna Maria Rita Lentini, Presidente di sezione; 
        Irene Thomaseth, consigliere; 
        Alessandro Pallaoro, consigliere; 
        Tullio Ferrari, consigliere; 
        Massimo Agliocchi, primo referendario; 
        Alessia Di Gregorio, primo referendario, 
ha pronunciato la seguente ordinanza nel  giudizio  di  parificazione
del rendiconto generale  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  per
l'esercizio finanziario 2017. 
    Visti gli articoli 100, secondo  comma,  e  103,  secondo  comma,
della Costituzione; 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, l'art. 1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e  l'art.  23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Visti gli articoli 3, 36, 81, 97, 101, secondo comma,  103,  108,
117, secondo comma, lettere l)  e  o),  e  119,  primo  comma,  della
Costituzione; 
    Visto il testo unico delle leggi  costituzionali  concernenti  lo
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol,  approvato  con
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto  1972,  n.  670,  e
relative norme di attuazione; 
    Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio  1988,
n. 305, e successive modificazioni, recante norme di attuazione dello
statuto speciale per  la  Regione  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  per
l'istituzione delle sezioni di controllo della  Corte  dei  conti  di
Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto; 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con  regio  decreto  12  luglio   1934,   n.   1214,   e   successive
modificazioni; 
    Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213; 
    Viste la legge provinciale  23  aprile  1992,  n.  10,  la  legge
provinciale 19 maggio 2015, n. 6, la legge provinciale  25  settembre
2015, n. 11, la legge provinciale 18 ottobre 2016, n.  21,  la  legge
provinciale 6 luglio 2017, n. 9, e la legge  provinciale  9  febbraio
2018, n. 1; 
    Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e  successive
modificazioni  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro   alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche); 
    Vista la nota n. 394050 del 13  giugno  2018,  con  la  quale  la
Provincia autonoma di Bolzano ha trasmesso alla Corte  dei  conti  il
rendiconto generale per l'esercizio finanziario  2017,  completo  del
conto economico e dello stato patrimoniale, unitamente alla relazione
sulla gestione; 
    Visto il decreto n. 5 del 1° giugno 2018 con  cui  il  Presidente
delle sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Sadtirol  ha
convocato per il 20 giugno 2018 la Camera di consiglio per  discutere
in contradditorio con la Provincia  le  osservazioni  del  magistrato
istruttore; 
    Visto  il  resoconto  della  suddetta  riunione  camerale   (nota
n. 73821611 del 25 giugno 2018); 
    Vista l'ordinanza n. 2 del 1° giugno 2018 con cui  il  Presidente
delle sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol  ha
convocato le sezioni per il giorno 28 giugno 2018 per il giudizio  di
parificazione del rendiconto generale  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano per l'esercizio finanziario 2017; 
    Viste le memorie depositate dalla  procura  regionale  presso  la
sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede  di
Bolzano nelle date del 22 e 25 giugno 2018; 
    Vista la decisione n. 1/PARI/2018  con  cui  le  sezioni  riunite
hanno  parificato,  parzialmente,  il  rendiconto   per   l'esercizio
finanziario 2017 della Provincia autonoma di Bolzano. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Con nota n.  394050  del  13  giugno  2018  il  Presidente  della
Provincia autonoma di Bolzano ha trasmesso alla Corte dei  conti,  ai
fini della parifica,  il  rendiconto  generale  della  Provincia  per
l'esercizio  2017,  completo  del  conto  economico  e  dello   stato
patrimoniale, unitamente alla relazione sulla gestione e  al  disegno
di legge approvato con delibera n. 372 dalla giunta provinciale nella
seduta del 24 aprile 2018. 
    L'esame  della  documentazione   inviata   dalla   Provincia   ha
consentito di  evidenziare  come  nel  corso  del  2017  siano  state
impegnate e pagate risorse a titolo di assegno personale pensionabile
in assenza di incarico di direzione e di coordinamento,  per  effetto
della trasformazione delle indennita' di direzione (anche in qualita'
di dirigenti sostituti)  e  di  coordinamento,  in  applicazione  dei
contratti collettivi di lavoro, per complessivi euro  825.788,05,  di
cui euro 247.131,26 sul cap. U01101.0000,  euro  70.205,62  sul  cap.
U01101.0030, euro 176.188,60 sul cap. U04021.6120, euro 49.750,11 sul
cap.  U04021.6150,  euro  219.724,92  sul  cap.   U01111.0215,   euro
62.787,54 sul cap. U01111.0210. 
    Sulla disciplina di siffatte  erogazioni  sono  intervenute,  nel
corso del 2017 e del 2018, la legge provinciale 6 luglio 2017,  n.  9
(Disciplina dell'indennita' di dirigenza e modifiche  alla  struttura
dirigenziale dell'Amministrazione provinciale),  e  segnatamente  gli
articoli 1, 2 e 17, e la legge provinciale  9  febbraio  2018,  n.  1
(Norme in materia di personale) e, in particolare, gli articoli  1  e
3. 
    L'art. 1 (Indennita' di dirigenza)  della  legge  provinciale  n.
9/2017 stabilisce al comma 1 che «A  far  data  dal  1°  giugno  2018
l'indennita' di  dirigenza  disciplinata  dall'art.  28  della  legge
provinciale 23  aprile  1992,  n.  10,  e  dai  contratti  collettivi
intercompartimentali, di comparto  e  decentrati  e'  trasformata  in
indennita' di posizione, composta da una parte  fissa  ed  una  parte
variabile. L'ammontare dell'indennita' di posizione, di cui la  parte
fissa e' pari ai 40 per cento del valore complessivo  dell'indennita'
stessa, e' determinato dai  contratti  collettivi  nel  rispetto  dei
limiti e dei vincoli di cui alla legge provinciale 19 maggio 2015, n.
6, tenuto conto delle dimensioni della struttura dirigenziale,  della
sua        collocazione        all'interno        dell'organizzazione
dell'amministrazione,   nonche'    delle    responsabilita',    della
complessita' e del grado di difficolta' dei compiti  dirigenziali  da
svolgere nella posizione ricoperta. Dopo almeno sei anni di  incarico
dirigenziale, la sola parte fissa  dell'indennita'  di  posizione  si
trasforma,  alla  cessazione  dell'incarico,  in  assegno   personale
pensionabile in base al sistema retributivo». 
    Al comma 3 il legislatore  provinciale  ha  disposto  che:  «Sono
fatti salvi  gli  effetti  giuridici  gia'  prodotti  e  gli  effetti
economici gia' maturati, sino  al  1°  giugno  2018,  a  seguito  dei
meccanismi di trasformazione graduale dell'indennita' di dirigenza in
assegno personale pensionabile in base  al  sistema  retributivo,  in
applicazione dell'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992,  n.
10, e  dei  contratti  collettivi.  L'indennita'  di  dirigenza  gia'
maturata  ai  sensi  del  presente  comma  non  e'   cumulabile   con
l'indennita' di posizione di cui al comma 1». 
    Analoga salvezza degli effetti derivanti dai contratti collettivi
e' sancita dall'art. 2, comma  1,  secondo  periodo,  della  medesima
legge in materia di indennita'  di  coordinamento  e  indennita'  per
dirigenti  sostituti,  benche'  l'istituto  sia  stato   abrogato   a
decorrere dal 1° giugno 2018. 
    La successiva legge provinciale n. 1/2018  all'art.  1,  con  una
disposizione espressamente qualificata di interpretazione  autentica,
ha stabilito che le norme preesistenti, puntualmente elencate,  e  le
disposizioni contrattuali in vigore «si interpretano nel senso che le
erogazioni  avvenute  in  forza  dei  meccanismi  di   trasformazione
graduale dell'indennita' di funzione e di coordinamento e  di  quella
per dirigenti sostituti per il personale  degli  enti  facenti  parte
dell'intercomparto provinciale in assegno personale pensionabile sono
da  considerare,  sin  dalla  sua  istituzione,  elemento   fisso   e
continuativo  della  retribuzione.  A  tal  fine,  conservano   piena
legittimita' ed efficacia, senza soluzione di continuita',  le  norme
in   materia   dei   contratti    collettivi,    di    comparto    ed
intercompartimentali,  anche   in   attuazione   del   principio   di
conservazione dei trattamenti economici fondamentali ed accessori  in
godimento  alla  loro  data  di  entrata  in  vigore  aventi   natura
retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalita'  per
ciascuna amministrazione o ente». 
    Le summenzionate erogazioni, tuttavia,  appaiono  illegittime  in
ragione sia della nullita' per contrasto con norme  imperative  delle
clausole dei contratti collettivi, sulle quali ci si sofferma  meglio
infra,   che   prevedono   la   trasformazione,    alla    cessazione
dell'incarico, delle indennita' di dirigenza e  di  coordinamento  in
assegno  personale  fisso   e   pensionabile   sia   della   sospetta
illegittimita' costituzionale delle disposizioni  di  cui  ai  citati
articoli e, segnatamente  dell'art.  1  della  legge  provinciale  n.
1/2018, disposizione quest'ultima  che  eleva  alla  fonte  di  rango
legislativo  il  principio  della  trasformazione  di  indennita'  in
assegno personale, declinato finora solo in  sede  di  contrattazione
collettiva, e salvaguarda l'assetto preesistente  con  riguardo  agli
effetti  prodotti  dalle   summenzionate   illegittime   disposizioni
contrattuali. 
    In   particolare,    le    norme    in    esame    risulterebbero
costituzionalmente illegittime per contrasto con gli articoli 3,  36,
81, 97, 101, comma 2, 103 e 108 e 117, comma 2, lettere l)  e  o),  e
119, comma 1 della Costituzione. 
    Il magistrato istruttore ha rappresentato, in sede di giudizio di
parificazione, che «E' proseguita anche nel  2017  la  corresponsione
dell'indennita'  di  funzione  e  di  coordinamento  (trasformata  in
assegno fisso e continuativo) per complessivi giuro 0,8 ml  a  favore
dei  funzionari  provinciali   senza   il   corrispondente   incarico
direttivo. In particolare, nel corso del 2017 e' stata  approvata  la
legge  provinciale  n.   9/2017   e   successive   modificazioni   ed
integrazioni  di  riordino  della   struttura   dirigenziale   e   di
ridisciplina  dell'indennita'  medesima  [omissis].  Nell'ambito  dei
giudizi di parifica relativi ai  rendiconti  2014,  2015  e  2016  le
sezioni riunite della Corte dei conti avevano dichiarato non regolare
le poste di spesa concernenti il pagamento  di  dette  indennita'  ai
funzionari privi di incarico  dirigenziale  o  di  coordinamento.  La
sezione giurisdizionale di Bolzano della Corte dei conti con sentenza
n. 52 del 21-22 settembre 2017 (depositata il 15  dicembre  2017)  ha
pronunciato condanna a titolo  di  responsabilita'  amministrativa  a
carico dei funzionari che per  conto  della  parte  pubblica  avevano
stipulato i contratti collettivi in base ai quali sono stati disposti
i  pagamenti  dal  1°  giugno  2011  al  31  marzo  2016  oggetto  di
contestazione. Alla richiesta istruttoria volta a conoscere le misure
medio  tempore  adottate  in  considerazione  dei  possibili  effetti
derivanti dall'esito del giudizio  attualmente  pendente  in  appello
avverso la citata sentenza (ricorso n. 53327 del 23 marzo  2018),  la
Provincia  ha  fatto  presente   che   successivamente   alla   legge
provinciale n. 9/2017 in data 9 febbraio 2018 e' stata  approvata  la
legge provinciale n. 1/2018, entrata in vigore il  16  febbraio  2018
[omissis]». 
    La materia in  esame  rientrerebbe  nell'ambito  dell'ordinamento
civile, in quanto tale riservata allo Stato ai sensi  dell'art.  117,
comma 2, lettera l), della Costituzione. Riserva esercitata, nel caso
di specie, mediante il decreto legislativo n. 165/2001, che  sancisce
all'art. 7, comma 5, il principio, di immediata  portata  precettiva,
della corrispettivita' dei trattamenti economici  accessori  rispetto
alle prestazioni effettivamente rese. 
    Queste sezioni riunite, nel giudizio  di  parifica  dei  capitoli
concernenti la spesa del personale (per cio' che qui rileva, il  cap.
U01101.0000, il  cap.  U01101.0030,  il  cap.  U04021.6120,  il  cap.
U04021.6150, il  cap.  U01111.0215  e  il  cap.  U01111.0210)  devono
decidere dell'applicazione di norme di leggi provinciali, di  cui  si
contesta la legittimita' costituzionale. 
    Qualora, infatti, fosse acclarata l'illegittimita' costituzionale
delle  norme  sopra  richiamate,  rilevanti  ai  fini  del   bilancio
provinciale  (in  quanto,  in  particolare,  l'art.  1  della   legge
provinciale  n.  1/2018  citata  fa  salve  anche   per   l'esercizio
finanziario 2017 le trasformazioni di indennita' in assegno personale
fisso e pensionabile per effetto di  disposizioni  contrattuali),  le
corresponsioni dei relativi importi a  dipendenti  provinciali,  alla
cessazione   degli   incarichi   di   direzione   o    coordinamento,
risulterebbero  prive  di  copertura   normativa   sostanziale,   con
possibilita'  di  non  parificare  i  relativi  capitoli,  attesa  la
nullita' delle disposizioni dei contratti collettivi. 
    Le indicate criticita' sono state rappresentate da queste sezioni
riunite alla Provincia autonoma di  Bolzano  nel  corso  dell'udienza
camerale, svoltasi il  20  giugno  2018  con  la  partecipazione  del
procuratore regionale. 
    La procura, intervenendo nella predetta udienza camerale  del  20
giugno 2018, ha chiesto all'Amministrazione chiarimenti al riguardo. 
    Inoltre, la procura, nelle date del 22 e del 25  giugno  2018  ha
depositato  memorie  conclusionali,  con  le  quali  ha  chiesto   di
sollevare questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e
3 della legge  provinciale  n.  1/2018  e  dell'art.  1  della  legge
provinciale n. 9/2017, in relazione ai  parametri  costituzionali  di
cui agli articoli 3, 36, 81, 97,  103,  comma  2,  117  e  119  della
Costituzione. 
    Nella pubblica udienza del 28 giugno 2018 il  contraddittorio  si
e' svolto con l'intervento del magistrato relatore,  del  procuratore
regionale, che ha confermato oralmente le conclusioni scritte, e  del
Presidente della giunta provinciale. 
    Con la decisione n. 1/2018 di pari data e'  stato  parificato  il
rendiconto  generale  della  Provincia  autonoma   di   Bolzano   per
l'esercizio 2017, approvato  dalla  giunta  provinciale  in  data  24
aprile 2018, ad eccezione, per quel che in questa  sede  rileva,  dei
capitoli   U01101.0000,   U01101.0030,   U04021.6120,    U04021.6150,
U01111.0215 e U01111.0210, sospendendo il  giudizio  di  parifica  al
fine  di  sollevare  pregiudizialmente  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 28 della legge provinciale 23  aprile  1992,
n. 10, dell'art. 47 della legge provinciale 19  maggio  2015,  n.  6,
dell'art. 14, comma 6, della legge provinciale 25 settembre 2015,  n.
11, dell'art. 7 della legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, degli
articoli 1, 2 e 17 della legge provinciale 6 luglio  2017,  n.  9,  e
degli articoli 1 e 3 della legge provinciale 9 febbraio 2018, n. 1. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. Il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988,  n.
305, recante «norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la
Regione  Trentino-Alto  Adige  per  l'istituzione  delle  sezioni  di
controllo della Corte dei conti di Trento  e  di  Bolzano  e  per  il
personale ad esse addetto», dispone all'art. 10, comma 1, come  cosi'
sostituito dall'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre
2011, n. 166, che «Il rendiconto  generale  della  Regione  e  quello
delle Province di Trento e di Bolzano sono parificati  dalle  sezioni
riunite nella Regione Trentino-Alto Adige con  un  collegio  composto
dalle sezioni di controllo delle Province di Trento e di  Bolzano  in
adunanza congiunta». 
    Al giudizio di  parificazione  del  rendiconto  si  applicano  le
disposizioni di cui all'art. 1. comma 5, del decreto-legge 10 ottobre
2012, n. 174, convertito con modificazioni  dalla  legge  7  dicembre
2012, n. 213, secondo cui «Il rendiconto generale  della  regione  e'
parificato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti
ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del testo unico di cui  al  regio
decreto 12 luglio 1934,  n.  1214.  Alla  decisione  di  parifica  e'
allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formula le  sue
osservazioni in merito alla legittimita'  e  alla  regolarita'  della
gestione e propone le  misure  di  correzione  e  gli  interventi  di
riforma che ritiene necessari alfine, in particolare,  di  assicurare
l'equilibrio del bilancio e di migliorare l'efficacia e  l'efficienza
della spesa. La decisione di parifica e la relazione  sono  trasmesse
al presidente della giunta regionale e al consiglio regionale». 
    Gli articoli del testo unico delle leggi sulla  Corte  dei  conti
richiamati si riferiscono alla parifica del rendiconto generale dello
Stato e disciplinano la procedura del giudizio di parificazione (art.
40), il profilo contenutistico (art.  39)  e  la  contestualizzazione
dell'attivita' di parifica con una  relazione  sul  rendiconto  (art.
41). Nel corso del giudizio  di  parifica  le  sezioni  regionali  di
controllo  della  Corte  dei  conti,   quali   in   questa   speciale
composizione le sezioni riunite, vale a  dire  il  collegio  composto
dalle sezioni di controllo delle Province di Trento e di  Bolzano  in
adunanza  congiunta,  svolgono  il  ruolo  di   «garante   imparziale
dell'equilibrio economico-finanziario del settore  pubblico»  che  il
legislatore ha attribuito  alla  Corte  dei  conti  e  che  e'  stato
confermato dalla Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  60/2013,
nella quale, in linea  con  la  pregressa  giurisprudenza,  e'  stato
ribadito che  «alla  Corte  dei  conti  e'  attribuito  il  controllo
sull'equilibrio    economico-finanziario    del    complesso    delle
amministrazioni  pubbliche  a  tutela  dell'unita'  economica   della
Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali  (articoli  81,
119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia
all'Unione europea (articoli 11 e 117, primo comma, Cost.)». 
    Infatti,  come  puntualizza  l'art.  1,  comma  1,   del   citato
decreto-legge n. 174/2012, con riferimento al giudizio  di  parifica,
«ai fine di rafforzare il coordinamento della  finanza  pubblica,  in
particolare tra i livelli  di  governo  statale  e  regionale,  e  di
garantire   il   rispetto   dei    vincoli    finanziari    derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, le disposizioni del
presente articolo sono volte ad adeguare, ai sensi degli articoli 28,
81, 97, 100 e 119 della Costituzione, il controllo  della  Corte  dei
conti sulla gestione finanziaria delle regioni  di  cui  all'art.  3,
comma 5, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7,  comma  7,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni». 
    2. Nel corso dell'esame del conto  del  bilancio  del  rendiconto
generale della Provincia autonoma di Bolzano per l'esercizio 2017, il
magistrato istruttore si e' soffermato sulla verifica della spesa del
personale, con particolare attenzione ai compensi a titolo di assegni
personali, fissi e pensionabili, derivanti dalla trasformazione, alla
cessazione dell'incarico, delle indennita'  di  dirigenza  (anche  ai
dirigenti  sostituti)  e  di  coordinamento,  erogati  a   dipendenti
provinciali  in  virtu'  del  previo  esercizio   di   incarichi   di
preposizione. 
    Dalle risultanze contabili e' emerso  che  nel  2017  sono  state
pagate, a tale titolo, risorse per complessivi  euro  825.788,05,  di
cui euro 247.131,26 sul cap. U01101.0000,  euro  70.205,62  sul  cap.
U01101.0030, euro 176.188,60 sul cap. U04021.6120, euro 49.750,11 sul
cap.  U04021.6150,  euro  219.724,92  sul  cap.   U01111.0215,   euro
62.787,54 sul cap. U01111.0210. 
    3. Sul quadro contabile cosi' descritto rilevano, in particolare,
le summenzionate disposizioni della legge  provinciale  n.  9/2017  e
della legge provinciale n.  1/2018,  oltre  a  numerose  altre  norme
provinciali (infra  specificate).  Queste  sezioni  riunite  dubitano
della legittimita' costituzionale delle  predette  disposizioni,  per
contrasto con gli articoli 3, 36, 81, 97, 101, comma 2, 103, 108,117,
comma 2, lettere  l)  e  o),  e  119,  comma  1  della  Costituzione.
Conseguentemente, le sezioni riunite non hanno  potuto  parificare  i
capitoli di bilancio n. U01101.0000, n. U01101.0030, n.  U04021.6120,
n. U04021.6150, n. U01111.0215  e  n.  U01111.0210,  sui  quali  sono
imputati i pagamenti per corrispondere detti assegni derivanti  dalla
trasformazione delle indennita' di direzione e di coordinamento. 
    Tuttavia, prima di illustrare la non  manifesta  infondatezza  di
tali dubbi, si ritiene necessario soffermarsi  preliminarmente  sulla
legittimazione di questa Corte  ad  adire  il  giudice  delle  leggi,
nonche' sulla rilevanza della questione nel giudizio in corso. 
    4. Per quanto riguarda la legittimazione  delle  sezioni  riunite
per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol a sollevare questioni  di
legittimita' costituzionale in sede di parificazione del  rendiconto,
si osserva che questo giudizio si  svolge  con  le  formalita'  della
giurisdizione contenziosa, prevede la partecipazione del  procuratore
regionale in contraddittorio coni rappresentanti dell'Amministrazione
e si conclude con una pronunzia adottata in esito a pubblica udienza,
sicche' la  consolidata  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
(sentenze n. 165/1963, n. 121/1966, n. 142/1968,  n.  244/1995  e  n.
213/2008) ha riconosciuto «alla Corte dei conti, in sede di  giudizio
di parificazione del bilancio, la  legittimazione  a  promuovere,  in
riferimento all'art. 81 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale,  avverso  tutte  quelle  disposizioni  di  legge  che
determinino effetti modificativi dell'articolazione del bilancio  per
il  fatto  stesso  di  incidere,  in  senso  globale,  sulle   unita'
elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di
gestione, disegnati  con  il  sistema  dei  risultati  differenziali»
(sentenza n. 213/2008). 
    Inoltre, si e' formata negli  anni  una  pacifica  giurisprudenza
costituzionale, che ha riconosciuto in capo alle sezioni di controllo
la   legittimazione   a   sollevare   questioni    di    legittimita'
costituzionale in sede di parifica del rendiconto delle regioni  (tra
le piu' recenti, sentenze n. 181/2015, n. 107/2016, n. 89/2017).  Se,
pertanto,  appare  indubbia  la  legittimazione  di  questa  Corte  a
sollevare questioni  di  legittimita'  costituzionale,  rilevante  e'
l'individuazione dei parametri costituzionali che possono fungere  da
riferimento per l'impugnazione delle norme incidenti sul giudizio  di
parifica. 
    La risalente giurisprudenza  costituzionale  ha  riconosciuto  la
legittimazione  al  ricorso  per  contrasto  con  l'art.   81   della
Costituzione delle norme sospette di  illegittimita'  costituzionale.
Il giudice delle leggi, dopo aver premesso che  la  Corte  dei  conti
svolge «una funzione di  garanzia  dell'ordinamento»,  di  «controllo
esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato preordinato a tutela
del  diritto   oggettivo»,   ha   affermato   che   «tali   caratteri
costituiscono indubbio fondamento della  legittimazione  della  Corte
dei conti a sollevare questioni di costituzionalita' limitatamente  a
profili attinenti alla  copertura  finanziaria  di  leggi  di  spesa,
perche' il riconoscimento della relativa legittimazione, legata  alla
specificita' dei suoi compiti nel quadro della finanza  pubblica,  si
giustifica  anche  con   l'esigenza   di   ammettere   al   sindacato
costituzionale leggi che,  come  nella  fattispecie  in  esame,  piu'
difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte» (sentenza
n. 226/1976). 
    Proprio in relazione a queste ipotesi la Corte costituzionale  ha
auspicato  (sentenza  n.  406/1989)  che,  quando  l'accesso  al  suo
sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai  profili
attinenti  all'osservanza  dell'art.   81   della   Costituzione,   i
meccanismi di accesso debbano essere arricchiti  sostenendo,  quindi,
che la Corte dei conti e' la sede  piu'  adatta  a  far  valere  quei
profili essenzialmente finalizzati alla verifica della gestione delle
risorse finanziarie, e cio' in ragione della peculiare  natura  delle
sue attribuzioni costituzionali (sentenza n. 384/1991). 
    Peraltro, il parametro di cui all'art. 81 della Costituzione deve
oggi essere  attentamente  modulato  in  considerazione  della  nuova
formulazione del precetto costituzionale, come modificato dalla legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. 
    L'art. 81, nella parte in cui introduce il concetto di equilibrio
del bilancio, riconosce rilevanza primaria a un principio,  immanente
nell'ordinamento   finanziario   delle   amministrazioni   pubbliche,
consistente nella «continua  ricerca  di  un  armonico  e  simmetrico
bilanciamento tra risorse  disponibili  e  spese  necessarie  per  il
perseguimento delle finalita' pubbliche»  (sentenze  n.  70/2012,  n.
115/2012, n. 250/2013 e n. 266/2013). 
    Il valore dell'equilibrio dei  bilanci  presenti  e  futuri  deve
essere declinato non secondo una visione statica, cristallizzata  con
esclusivo riferimento al momento  temporale  dell'esame  del  singolo
rendiconto, bensi' in una dimensione dinamica e prospettica, in  modo
assolutamente coerente ed integrato, secondo esigenze  meritevoli  di
disciplina  uniforme  sull'intero  territorio  nazionale,  attraverso
altri parametri costituzionali, quali i citati articoli 3,  36,  117,
comma 2, lettere l) e o), e 119, comma 1, Cost., venendo ad  assumere
consistenza di vera e propria «clausola generale in grado di  colpire
direttamente  tutti  gli  enunciati  normativi   causa   di   effetti
perturbanti la sana gestione finanziaria e  contabile»  (sentenza  n.
192/2012; in tal senso anche sentenze n.  184/2016  e  n.  274/2017).
D'altra parte, il principio di sana gestione finanziaria richiede  un
atteggiamento prudenziale del legislatore  provinciale,  evitando  di
costruire gli equilibri del bilancio sulla base di poste prive di una
legittima copertura legislativa, con le possibili ripercussioni negli
esercizi futuri sulla sana gestione finanziaria e contabile dell'ente
pubblico. 
    Sarebbe  irragionevole  una  lettura   restrittiva   del   valore
costituzionalmente protetto dell'equilibrio  presente  e  futuro  del
bilancio, nel senso di valutare  la  legittimita'  costituzionale  di
norme, solo nella misura in cui impattano su  un  risultato  negativo
della gestione finanziaria dell'ente pubblico, e  non  anche  quando,
pur in presenza di un saldo  positivo,  incidono  comunque  sul  dato
quantitativo dell'equilibrio attuale e, in  una  prospettiva  futura,
potrebbero  comportare  anche  una  variazione  del  segno  di  detto
risultato  differenziale,  per  effetto  delle   molteplici   e   non
prevedibili variabili del ciclo economico. 
    5. Non puo', d'altra parte, non  rimarcarsi  l'onere  finanziario
derivante  da  siffatte  disposizioni,  che  possono  innescare   una
dinamica espansiva della spesa  di  personale,  considerato  che  «la
trasformazione di frazioni percentuali della retribuzione  accessoria
in assegno personale fisso e continuativo, e  cioe'  in  retribuzione
fissa, costituisce uno dei principali fattori genetici della crescita
della spesa di personale laddove, in occasione della  formazione  del
bilancio, non si tenga debitamente conto della progressiva  riduzione
delle disponibilita' allocate  per  le  retribuzioni  accessorie  per
effetto  di  meccanismi  automatici  di   trasformazione   di   dette
disponibilita' a sostegno della componente di spesa costituita  dalle
retribuzioni  fisse  e  continuative»  (Corte  dei   conti,   sezione
giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, sentenza
n. 52/2017, punto 27 della motivazione). 
    Il solo precetto di cui all'art. 81 Cost. non e', quindi, di  per
se' sufficiente a garantire la tenuta degli equilibri finanziari,  da
considerarsi anche in prospettiva futura, ed il rispetto dei principi
che regolano la gestione  delle  risorse  pubbliche.  Come  osservato
dalla sezione di controllo per il Piemonte (ordinanza n. 49/2014)  e,
piu' di recente, dalla sezione di controllo per la Liguria (ordinanza
n. 34/2017), in ordinanze di rimessione alla Corte  di  questioni  di
legittimita'  costituzionale,  le  valutazioni  relative   all'esatta
individuazione  dei  parametri  costituzionali  -  per  lungo   tempo
limitati all'art. 81 Cost. - devono essere «adeguate al mutato quadro
dell'ordinamento costituzionale [omissis]  mentre  al  momento  delle
pronunzie  sopra  richiamate  l'unica  norma  della  Costituzione  in
materia di finanza pubblica era costituita dall'art. 81 e dalla legge
costituzionale n. 3/2001». La sezione piemontese ha, infatti,  inteso
ricomprendere tra i parametri costituzionali anche altre norme, quali
l'art. 119 e l'art. 97 della Costituzione con riguardo, tra  l'altro,
al  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  dell'equilibrio   dei
bilanci. Ma il  ragionamento  e'  stato  sviluppato  ancor  piu'  dai
giudici liguri, secondo i quali possono ed anzi devono essere evocate
tutte quelle norme costituzionali che, in modo diretto  o  indiretto,
involgono la materia della finanza pubblica, apprestando tutela  alle
risorse pubbliche ed alla loro corretta utilizzazione. 
    Nel caso di specie, la Provincia autonoma di Bolzano, legiferando
in una materia riservata alla competenza legislativa esclusiva  dello
Stato, ha determinato  un  aumento  della  spesa  del  personale  che
costituisce il piu' importante aggregato della spesa corrente, con la
conseguenza  che  le  disposizioni  relative  al   suo   contenimento
assurgono a principio fondamentale della legislazione statale. E  non
solo con riferimento a tetti di spesa e limiti alla stessa, ma  anche
in termini  di  violazione  di  norme  imperative  che  pongono,  con
immediata forza precettiva, chiare  regole  di  corrispettivita'  tra
retribuzione e prestazioni effettivamente rese. 
    6. Infine, questo collegio non puo' non condividere  quanto  gia'
osservato dalla sezione di controllo per il Piemonte e dalla  sezione
di controllo per la Liguria, laddove, nelle ordinanze  di  remissione
prima   menzionate,   hanno   evidenziato   come   il   giudizio   di
parificazione, allo stato della  legislazione  vigente,  sia  l'unica
possibilita' offerta dall'ordinamento per sottoporre a  scrutinio  di
costituzionalita' in via  incidentale,  in  riferimento  ai  principi
costituzionali  in  materia  di  finanza  pubblica,  le  disposizioni
legislative  che,  incidendo   sui   singoli   capitoli,   modificano
l'articolazione del bilancio e  ne  possono  alterare  gli  equilibri
complessivi. 
    Conseguentemente, ove si escludesse la legittimazione  di  questa
Corte a sollevare questioni di costituzionalita'  in  riferimento  ai
parametri sopra individuati, si verrebbe a creare di fatto, una sorta
di spazio  legislativo  immune  dal  controllo  di  costituzionalita'
attivabile   in   via   incidentale,   laddove   la    giurisprudenza
costituzionale ha riconosciuto la  legittimazione  della  sezione  di
controllo a sollevare questioni di legittimita' costituzionale  anche
in relazione all'esigenza di  assicurare  al  sindacato  della  Corte
costituzionale leggi  provinciali  che,  come  nella  fattispecie  in
esame,  piu'  difficilmente  verrebbero,  per  altra  via,  ad   essa
sottoposte (Corte costituzionale sentenza  n.  226/1976).  Ritengono,
pertanto, queste sezioni riunite di essere  legittimate  a  sollevare
questioni di legittimita' costituzionale, non  solo  con  riferimento
all'art. 81 della Costituzione, ma anche con riferimento, nel caso di
specie, agli articoli 3, 36, 81, 97, 101, comma  2,  103,  108,  117,
comma 2, lettere l) e o), e 119, comma 1, della Costituzione. 
    7. La questione di  costituzionalita'  si  intende  sollevare  e'
rilevante nel presente giudizio. 
    Come disposto dall'art. 39 del  testo  unico  delle  leggi  sulla
Corte dei conti (regio decreto 12 luglio 1934,  n.  1214),  al  quale
l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, rinvia,
l'oggetto del giudizio di parifica e' il seguente: «La Corte verifica
il rendiconto generale dello Stato e ne confronta i  risultati  tanto
per le entrate, quanto per le spese, ponendoli  a  riscontro  con  le
leggi del bilancio. A tale etto verifica se  le  entrate  riscosse  e
versate ed  i  resti  da  riscuotere  e  da  versare  risultanti  dal
rendiconto, siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e  nei
riassunti generali trasmessi alla Corte dai singoli Ministeri; se  le
spese  ordinate  e  pagate  durante  l'esercizio  concordino  con  le
scritture tenute o controllate  dalla  Corte  ed  accerta  i  residui
passivi in base alle dimostrazioni allegate ai  decreti  ministeriali
di  impegno  ed  alle  proprie  scritture.  La   Corte   con   eguali
accertamenti verifica i rendiconti, allegati al rendiconto  generale,
delle aziende, gestioni ed amministrazioni  statali  con  ordinamento
autonomo soggette al suo riscontro». 
    La  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n.  213/2008,   ha
affermato la legittimazione della Corte dei conti in sede di giudizio
di parificazione a sollevare questione di legittimita' costituzionale
«avverso tutte quelle disposizioni di legge che  determinino  effetti
modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto  stesso  di
incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire  sui
capitoli, con riflessi sugli equilibri digestione, disegnati  con  il
sistema dei risultati differenziali». 
    Nel caso di specie, le norme di cui si sospetta  l'illegittimita'
costituzionale incidono sull'articolazione della spesa e sul  quantum
della stessa, poiche' determinano un effetto espansivo  della  spesa,
anche in  prospettiva  futura,  mediante  un  aumento  delle  risorse
destinate al trattamento accessorio, con cui la Provincia retribuisce
soggetti che non svolgono  piu'  gli  incarichi  di  preposizione  in
relazione ai quali quelle somme erano corrisposte. 
    Difatti, nel momento in cui queste sezioni  riunite,  nell'ambito
del giudizio  di  parifica,  devono  prendere  in  esame  i  capitoli
destinati al pagamento del trattamento  accessorio,  dovrebbero  dare
applicazione   a   norme   provinciali   della    cui    legittimita'
costituzionale si dubita. Pertanto, vi sarebbe  una  copertura  della
spesa meramente formale, ma non sostanziale. Qualora fosse  acclarata
l'illegittimita' costituzionale di una norma che rileva ai  fini  del
bilancio provinciale, le spese sostenute  per  la  corresponsione  di
detti  assegni  sarebbero  prive  di   copertura   sostanziale,   con
conseguente violazione del precetto costituzionale  di  cui  all'art.
81, comma 4 (oggi comma 3), Cost. 
    8. Nella fattispecie de qua la parifica dei capitoli di  bilancio
n. U01101.0000, n. U01101.0030, n. U04021.6120,  n.  U04021.6150,  n.
U01111.0215  e  n.  001111.0210  e'  incisa  dalle  contestate  leggi
provinciali, soprattutto della legge provinciale n.  9/2017  e  della
legge provinciale  n.  1/2018,  che,  sia  pure  con  un  farraginoso
meccanismo di rinvii a  norme  preesistenti,  salvezza  di  contratti
collettivi e previsione  di  effetti  retroattivi,  recano  norme  di
autorizzazione  dei  relativi  impegni  e  pagamenti,  con  inferente
evidenza della rilevanza nel presente  giudizio  della  questione  di
costituzionalita' che si intende sollevare. 
    Infatti,  con  riguardo  all'art.  1,  comma   3,   della   legge
provinciale n. 9/2017, la disposizione fa salvi gli effetti giuridici
gia' prodotti e analogamente  prevede  l'art.  2,  comma  1,  secondo
periodo, della  medesima  legge  con  riferimento  all'indennita'  di
coordinamento e per dirigenti sostituti. 
    9. Al riguardo,  non  ignorano  queste  sezioni  riunite  che  la
sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di  Bolzano,
con la sentenza n. 52/2017 (vedi infra punto 19), in un giudizio  per
responsabilita'  erariale  nei   confronti   dei   componenti   della
delegazione pubblica, firmatari dei locali contratti  collettivi,  ha
dichiarato il difetto di rilevanza nel giudizio  della  questione  di
legittimita' costituzionale prospettata con  riferimento  alla  legge
provinciale n. 9/2017, articoli 1 e 2. 
    I giudici hanno, infatti,  affermato  che  detta  disciplina  «fa
salvi, nel rispetto del regime dei  diritti  acquisiti,  gli  effetti
giuridici  ed  economici   dei   percettori   delle   indennita'   in
contestazione; con cio'  tenendosi  debitamente  al  di  fuori  della
vertenza in  atto  circa  la  legittima  erogazione  da  parte  della
Provincia, in modo del tutto automatico, degli assegni  personali  in
contestazione, spettanti sulla base del regime vigente.  La  salvezza
degli effetti giuridici ed economici, dunque, e' posta a  tutela  del
dipendente percettore delle indennita' impedendone la  ripetibilita',
ma non legittima ex post  le  erogazioni  effettuate,  ove  giudicate
illegittime; ne  consegue  il  difetto  di  rilevanza,  nel  presente
giudizio,   della   questione    di    legittimita'    costituzionale
prospettata». 
    Si  ritiene,  tuttavia,  alla  luce   del   successivo   sviluppo
normativo,  che  il  legislatore  provinciale  volesse   invece,   in
attuazione della delega di cui all'art. 47 della legge provinciale n.
6/2015 (vedi infra punto 16), dare copertura normativa  al  principio
della trasformazione delle indennita' - disciplinato fino  ad  allora
dai contratti collettivi - e non solo occuparsi  della  salvezza  dei
diritti acquisiti dai percettori. 
    Tale tesi e' avvalorata dall'approvazione della successiva  legge
provinciale n.  1/2018,  con  la  quale  il  legislatore  provinciale
ribadisce e chiarisce meglio il significato delle disposizioni  della
legge provinciale n. 9/2017. 
    L'art.   1   (rubricato   «Interpretazione    autentica»    delle
preesistenti norme in materia di indennita'  connesse  con  incarichi
dirigenziali ed affini), il cui  contenuto  precettivo  piu'  che  di
interpretazione autentica si prospetta, in  realta',  innovativo  con
efficacia  retroattiva,  in  qualche  modo   «suggella»   con   fonte
normativa, salvaguardando  al  contempo  l'assetto  preesistente,  un
principio (quello della costante  trasformazione  dell'indennita'  in
assegno personale, fisso e pensionabile,  erogabile  alla  cessazione
dell'incarico) fino ad allora affidato alla contrattazione, a seguito
della abrogazione dell'art. 22 della legge provinciale n. 10/1992. 
    E' illuminante, a tal riguardo, la relazione sul disegno di legge
provinciale n. 152/2018 del 2 febbraio 2018, in cui si legge  che  e'
stata necessaria «un'interpretazione autentica delle leggi in materia
di personale e dirigenza,  in  modo  da  garantire  la  certezza  del
diritto» (pag. 1) e ancora che «e' necessario interpretare  la  norma
in modo da rendere giuridicamente efficace e valida tale disciplina e
da  fornire  agli  amministratori  la  certezza  giuridica  di  poter
continuare ad erogare questo elemento salariale (pag. 3), 
    10. Alla luce delle suesposte considerazioni,  nella  vigenza  di
dette leggi provinciali, queste sezioni riunite dovrebbero parificare
il rendiconto della Provincia autonoma di Bolzano e, in  particolare,
le poste di bilancio  afferenti  le  indennita',  la  cui  disciplina
nell'esercizio  2017  trova  la  sua  fonte  non  piu'  in   clausole
contrattuali, ma direttamente nella legge. 
    Pertanto, la verifica della spesa del personale  nell'ambito  del
giudizio di parifica, con riferimento alle  fattispecie  evidenziate,
consente a queste sezioni riunite di  ergersi  a  garante  imparziale
dell'equilibrio  economico-finanziario  attuale  e  prospettico   del
settore pubblico che il legislatore  ha  attribuito  alla  Corte  dei
conti. 
    In tal senso, si giustifica una parifica parziale con esclusione,
quindi, delle poste di spesa esaminate. Nella fattispecie de qua,  la
pacifica dei capitoli di spesa n.  U01101.0000,  n.  U01101.0030,  n.
U04021.6120, n. U04021.6150, n. U01111.0215 e n. U01111.0210 comporta
l'applicazione, soprattutto, dell'arti  della  legge  provinciale  n.
1/2018. 
    Ne deriva, in ordine al requisito  della  rilevanza,  che  queste
sezioni riunite, se non dubitassero della legittimita' costituzionale
delle citate  disposizioni  provinciali,  dovrebbero  necessariamente
parificare i suddetti capitoli di bilancio. 
    Questo collegio ritiene, pertanto, di non poter  applicare  norme
provinciali di cui si  sospetta  l'illegittimita'  costituzionale  e,
conseguentemente,  di  non  poter  parificare   capitoli   di   spesa
richiamati. 
    Appare, pertanto, rilevante (e non manifestamente infondata, come
si  vedra'  al  punto  seguente),  la   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata in rapporto agli articoli  3,  36,  81,  97,
101, comma 2, 103, 108, 117, comma 2, lettere l) e o), e  119,  comma
1, della Costituzione. 
    11.  Prima  di  soffermarsi  sulla  non  manifesta  infondatezza,
occorre delineare per esigenza di esaustivita' della  trattazione  il
quadro normativo  in  cui  si  inserisce  la  questione  oggetto  del
presente scrutinio. 
    Con legge provinciale 23 aprile 1992, n. 10 (Riordinamento  della
struttura dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano) e'  stata
disciplinata la dirigenza  a  livello  provinciale,  introducendo  un
modello alternativo a quello delle amministrazioni statali basato sui
meccanismi di accesso di cui all'art. 28 del decreto  legislativo  n.
165/2001. 
    Il capo II  della  citata  legge  provinciale  prevede,  infatti,
all'art.  14,  quale  unica  modalita'  di  accesso   alle   funzioni
dirigenziali in Provincia, il conferimento dell'incarico dirigenziale
a un dipendente iscritto nell'apposita sezione dell'albo  di  cui  al
successivo  art.  15.  Quest'ultima  disposizione,   a   sua   volta,
istituisce l'albo degli aspiranti dirigenti, al quale sono iscritti i
dipendenti che  hanno  conseguito  l'idoneita'  per  l'assunzione  di
incarichi dirigenziali. 
    Ancora, con l'art. 22 della citata legge provinciale n.  10/1992,
rubricato «Indennita' di funzione», nella sua formulazione originaria
fino all'abrogazione  per  effetto  dell'art.  11  del  contratto  di
comparto 6 agosto 2001, e' stata prevista la  corresponsione  per  la
durata dell'esercizio delle funzioni  dirigenziali,  in  aggiunta  al
trattamento economico di livello maturato, di un'apposita  indennita'
di funzione mensile. 
    In altri termini, il personale  con  incarico  dirigenziale,  pur
rimanendo  inquadrato  nella   posizione   giuridica   ed   economica
precedentemente in godimento presso la Provincia autonoma di Bolzano,
percepisce un trattamento economico commisurato alla rilevanza  della
posizione dirigenziale ricoperta durante l'espletamento del  relativo
incarico. 
    Tuttavia, il comma 5  del  succitato  articolo  ha  disposto  che
«L'indennita'  e'  gradualmente  trasformata  in  assegno   personale
pensionabile  quale  distinto  elemento  fisso  e   continuativo   di
retribuzione. La trasformazione avviene con cadenza annuale, per ogni
anno di  godimento  dell'indennita',  nella  misura  dell'8%  per  il
direttore generale, per il vicedirettore generale e per  i  direttori
di dipartimento, nella misura del 6% per i direttori di  ripartizione
e nella misura del 5% per i direttori di ufficio». 
    Per   effetto   di   detta   trasformazione,   alla    cessazione
dell'incarico dirigenziale, il funzionario continua, ciononostante, a
percepire l'indennita' per funzione dirigenziale nella misura fino ad
allora maturata, senza che a cio' corrispondano lo svolgimento di  un
incarico dirigenziale e l'assunzione delle relative responsabilita'. 
    Analogo principio e' espresso dall'art. 28 della  suddetta  legge
provinciale n. 10/1992 che, collocato  nel  capo  IV  tra  le  «norme
transitorie  e  finali»,  ha  disposto:  «L'indennita'  di  dirigenza
spettante ai sensi dell'art. 47 della legge provinciale n. 11/1981, e
successive modifiche  ed  integrazioni,  e'  trasformata  in  assegno
personale nella misura maturata ai sensi dell'art. 22, comma 5». 
    Il medesimo principio  era,  intanto,  stato  gia'  trasfuso  nel
contratto   collettivo   intercompartimentale   per   il    personale
dirigenziale relativo al periodo 1999-2000 del 17 luglio  2000,  che,
all'art. 8, comma 3, cosi' ha previsto: «L'indennita' di funzione  e'
gradualmente trasformata in un assegno personale  pensionabile  quale
distinto  elemento  fisso  e   continuativo   di   retribuzione.   La
trasformazione avviene  con  cadenza  annuale  e  per  ogni  anno  di
godimento dell'indennita'». 
    Detta disposizione e' stata riprodotta nel  citato  contratto  di
comparto per il personale dirigenziale della  Provincia  autonoma  di
Bolzano del 6 agosto 2001, che contestualmente ha «abrogato» all'art.
11 la disposizione di cui all'art.  22  della  legge  provinciale  n.
10/1992. Infatti, nella vigente formulazione della legge  provinciale
n. 10/1992 non si rinviene piu' alcuna disposizione che preveda detta
indennita' e ne  contempli  la  trasformazione  in  assegno  fisso  e
pensionabile, ad esclusione della norma transitoria di cui al  citato
art. 28, in questa sede contestato. 
    Per effetto della riferita abrogazione, la fonte di disciplina di
questa graduale e costante trasformazione dell'indennita' di funzione
dirigenziale in un assegno  personale,  quale  elemento  fisso  della
retribuzione, fino alle recenti modifiche normative  delle  quali  si
da'  infra  conto,  e'  stata,   pertanto,   solo   e   soltanto   la
contrattazione collettiva. 
    Analogo  meccanismo  e'  stato  previsto  per  la  corresponsione
dell'indennita' di funzione ai dirigenti sostituti e  dell'indennita'
di   coordinamento   correlata   all'esercizio   di    funzioni    di
coordinamento. 
    12. Il principio della  trasformazione  di  dette  indennita'  in
assegno fisso e continuativo, principio che  si  ribadisce  era  solo
originariamente di fonte legislativa, e' stato poi riproposto da  una
serie di disposizioni di contratti collettivi di intercomparto  e  di
comparto, tra le quali l'art. 10, comma 1, del contratto di  comparto
per il personale dirigenziale della  Provincia  autonoma  di  Bolzano
relativo al periodo 1999-2000, sottoscritto in  data  6  agosto  2001
(indennita' di funzione);  art.  9,  comma  3,  contratto  collettivo
intercompartimentale  per  il  personale  dirigenziale  relativo   al
periodo 2001-2004, sottoscritto in data 17 settembre 2003 (indennita'
di funzione);  art.  10  contratto  collettivo  di  comparto  per  il
personale dirigenziale della Provincia autonoma di  Bolzano  relativo
al periodo 2005-2008 e sottoscritto l'11 novembre 2009 (indennita' di
funzione);    art.    62,    comma    3,     contratto     collettivo
intercompartimentale per il periodo  1997-2000,  sottoscritto  il  29
luglio 1999 (indennita' di coordinamento); art. 11, comma 5  e  comma
6, contratto di comparto per il personale provinciale per il  periodo
1999-2000,   sottoscritto   il   4   luglio   2002   (indennita'   di
coordinamento);   art.   79,   comma    3,    contratto    collettivo
intercompartimentale per il periodo 2001-2004 per la parte  giuridica
e per il periodo 2001-2002 per la parte economica, sottoscritto il 1°
agosto 2002 (indennita' di coordinamento);  art.  84,  comma  3,  del
contratto collettivo intercompartimentale per  il  periodo  2005-2008
per la parte giuridica e  per  il  periodo  2007-2008  per  la  parte
economica,  sottoscritto  il  12   febbraio   2008   (indennita'   di
coordinamento). 
    13.   Intanto,   queste   sezioni   riunite   hanno    dichiarato
incidentalmente, nel corso  di  tre  giudizi  di  parifica  (per  gli
esercizi  finanziari  2014,  2015  e  2016),  la  nullita'  di  dette
disposizioni di contratti collettivi di intercomparto e di comparto. 
    Difatti, gia' in data  25  giugno  2015,  nello  svolgimento  dei
giudizio di parifica, e' stato accertato come considerevoli somme  di
denaro  fossero  stanziate  ed  erogate  annualmente  in  favore   di
personale provinciale  a  titolo  di  indennita'  di  funzione  o  di
coordinamento, benche'  lo  stesso  personale  risultasse  privo  del
relativo incarico dirigenziale  o  di  coordinamento.  Tale  evidenza
sarebbe  da  ricondurre  al  tenore  di  alcune  disposizioni   della
contrattazione   collettiva   a   livello   intercompartimentale    e
compartimentale che prevedevano la graduale trasformazione,  su  base
annua, delle indennita' di funzione e di coordinamento in un elemento
fisso e continuativo della  retribuzione;  sicche',  personale  ormai
privo di incarico dirigenziale o di  coordinamento  ha  continuato  a
percepire - in tutto o in parte - la relativa indennita' sotto  forma
di assegno personale, anche dopo la cessazione dell'incarico. 
    A conclusione di detto giudizio,  ritenuta,  incidentalmente,  la
nullita' delle predette  disposizioni  contrattuali,  queste  sezioni
riunite  hanno  parificato  il  rendiconto   della   Provincia,   con
esclusione, tra  gli  altri,  dei  medesimi  capitoli  di  spesa  del
personale, nella parte in  cui  si  riferiscono  al  pagamento  delle
indennita' di funzione e di coordinamento a  dirigenti  e  funzionari
provinciali  senza  incarico,  poiche'  erogati,  in   virtu'   della
descritta trasformazione, in favore di  personale  provinciale  ormai
privo di incarico dirigenziale o  di  coordinamento  (cfr.  pag.  199
della relazione sul rendiconto generale della Provincia  autonoma  di
Bolzano - esercizio finanziario 2014). 
    14. Successivamente, il  legislatore  provinciale  con  la  legge
provinciale 19 maggio 2015, n. 6  (Ordinamento  del  personale  della
Provincia) ha rimesso mano alla disciplina del contestato  meccanismo
di trasformazione delle indennita' in esame. 
    Al riguardo, l'art. 47  (rubricato  «Revisione  della  disciplina
sulla trasformazione graduale di indennita'  connesse  con  incarichi
dirigenziali  ed  affini»)  ha  disposto   nella   sua   formulazione
originaria che «Con contratto collettivo si provvede entro  sei  mesi
dall'entrata in vigore della  presente  legge  alla  revisione  della
disciplina sulla trasformazione graduale dell'indennita' di  funzione
e di coordinamento  e  dell'indennita'  per  dirigenti  sostituti  in
assegno personale pensionabile». 
    15. L'art. 47 e' stato poi  sostituito  dall'art.  14,  comma  6,
della legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11, che ha previsto  un
intervallo di diciotto mesi dall'entrata in vigore  della  legge  per
riordinare la struttura  dirigenziale  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano e ha stabilito al comma 2 che «Con  contratto  collettivo  si
provvede entro diciotto mesi dall'entrata in  vigore  della  presente
legge alla revisione della disciplina sulla  trasformazione  graduale
dell'indennita' di funzione e di coordinamento e dell'indennita'  per
dirigenti sostituti degli enti, ai  quali  si  applica  il  contratto
collettivo intercompartimentale, in assegno personale pensionabile». 
    Tale disposizione e' stata successivamente  sostituita  dall'art.
7, comma 1, della legge provinciale 18 ottobre 2016, n.  21,  che  ha
mutato  la  fonte  della  disciplina   sulla   trasformazione   delle
indennita' delle quali si tratta: la legge e non  piu'  il  contratto
collettivo. 
    Pertanto,  oggi,  il  ridetto  art.  47,  comma  2,  della  legge
provinciale n. 6/2015 si presenta cosi' testualmente formulato:  «Con
legge provinciale si provvede entro il 30 giugno 2017 alla  revisione
della disciplina sulla  trasformazione  graduale  dell'indennita'  di
funzione e di coordinamento e dell'indennita' per dirigenti sostituti
degli   enti,    a.    si    applica    il    contratto    collettivo
intercompartimentale, in assegno personale  pensionabile.  Fino  alla
revisione  menzionata  trovano  applicazione  le   disposizioni   dei
contratti collettivi in materia». 
    16. Successivamente e' stata approvata  la  legge  provinciale  6
luglio  2017,  n.  9  (Disciplina  dell'indennita'  di  dirigenza   e
modifiche   alla    struttura    dirigenziale    dell'Amministrazione
provinciale, con vigenza dal 2 agosto 2017). 
    L'art. 1 (Indennita' di dirigenza) dispone quanto  segue:  «1.  A
far data dal 1° gennaio 2019 l'indennita' di  dirigenza  disciplinata
dall'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992,  n.  10,  e  dai
contratti collettivi intercompartimentali, di comparto  e  decentrati
e' trasformata in indennita' di  posizione,  composta  da  una  parte
fissa  ed  una  parte  variabile.  L'ammontare   dell'indennita'   di
posizione, di cui la parte fissa e' pari al 40 per cento  del  valore
complessivo dell'indennita'  stessa,  e'  determinato  dai  contratti
collettivi nel rispetto dei limiti e dei vincoli di  cui  alla  legge
provinciale 19 maggio 2015, n. 6, tenuto conto delle dimensioni della
struttura   dirigenziale,   della   sua   collocazione    all'interno
dell'organizzazione     dell'amministrazione,      nonche'      delle
responsabilita', della complessita' e del grado  di  difficolta'  dei
compiti dirigenziali da  svolgere  nella  posizione  ricoperta.  Dopo
almeno sei  anni  di  incarico  dirigenziale,  la  sola  parte  fissa
dell'indennita'  di   posizione   si   trasforma,   alla   cessazione
dell'incarico, in assegno personale pensionabile in base  al  sistema
retributivo. 
    2. In ogni caso il trattamento economico  complessivo  di  un/una
dirigente non puo' superare il limite massimo  retributivo  annuo  di
240.000,00  euro,  al   lordo   dei   contributi   previdenziali   ed
assistenziali e degli oneri fiscali a carico del/della dipendente. 
    3. Sono fatti salvi gli effetti giuridici  gia'  prodotti  e  gli
effetti economici gia' maturati, sino al 1° gennaio 2019,  a  seguito
dei  meccanismi  di  trasformazione   graduale   dell'indennita'   di
dirigenza in  assegno  personale  pensionabile  in  base  al  sistema
retributivo, in applicazione dell'art. 28 della legge provinciale  23
aprile 1992,  n.10,  e  dei  contratti  collettivi.  L'indennita'  di
dirigenza gia' maturata ai sensi del presente comma non e' cumulabile
con l'indennita' di posizione di cui al comma 1». 
    17. In ordine alla conservazione  degli  effetti  gia'  maturati,
l'art. 17, comma 2, della  citata  legge  provinciale  n.  9/2017  ha
aggiunto, con riferimento alla figura del direttore generale  di  cui
al precedente comma 1, che «Per i fini di cui all'art. 1, comma 3,  e
all'art. 2 si tiene conto delle rispettive indennita'  maturate  alla
data del 31 dicembre 2018»,  termine  in  seguito  anticipato  al  31
maggio 2018 per effetto della modifica da parte dell'art. 3, comma 3,
della legge provinciale 9 febbraio 2018, n. 1. 
    18.  Il  legislatore  provinciale   del   2017   e'   intervenuto
espressamente anche sulle indennita' di  coordinamento  e  indennita'
per dirigenti sostituti, cosi' stabilendo al successivo art.  2:  «1.
La trasformazione  graduale  in  un  assegno  personale  pensionabile
dell'indennita' di  coordinamento  e  dell'indennita'  per  dirigenti
sostituti prevista dai contratti collettivi intercompartimentali,  di
comparto e decentrati e' abrogata e cessa di produrre effetti dal  1°
gennaio 2019. Sono fatti salvi gli effetti giuridici gia' prodotti  e
gli effetti economici gia' maturati  a  tale  data,  in  applicazione
dell'art. 28 della legge provinciale 23 aprile 1992,  n.  10,  e  dei
predetti contratti collettivi». 
    19. Il 15 dicembre 2017 e' stata pubblicata  la  sentenza  n.  52
della sezione giurisdizionale per  il  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,
sede di Bolzano, resa nell'ambito di un giudizio per  responsabilita'
erariale nei confronti dei  componenti  della  delegazione  pubblica,
firmatari  dei  locali  contratti  collettivi   sopra   citati,   che
disciplinavano il meccanismo della  trasformazione  delle  indennita'
erogate in assenza del relativo incarico. 
    In  particolare,  i  giudici  hanno  riconosciuto   «fondata   la
prospettazione della procura regionale che ravvisa un danno  erariale
nella   corresponsione   di   aumenti   retributivi,    indebitamente
autorizzati  dai  predetti  contratti   intercompartimentali   e   di
comparti, sulla base  di  un  mero  meccanismo  automatico»,  con  la
conseguenza che «tutti gli assegni personali, nel tempo acquisiti dai
dipendenti  della  Provincia  a  titolo  di  retribuzione   fissa   e
continuativa pensionabile, costituiti dal sedimentarsi nel  tempo  di
quote percentuali delle indennita' di  funzione  e  di  coordinamento
erogate sulla base dei contratti collettivi intervenuti,  sono  stati
illecitamente corrisposti  poiche'  sine  causa  e  cioe'  senza  che
all'incremento retributivo corrispondesse un accertato aumento  della
produttivita';  donde,  all'evidenza,   il   sussistere   del   danno
contestato dalla procura» (punto 26 della motivazione). 
    20. A distanza di poco piu' di un mese, con la gia' citata  legge
provinciale  n.  1/2018,  la  Provincia  autonoma   di   Bolzano   e'
intervenuta ancora una volta sulla  disciplina  della  trasformazione
delle indennita' in  assegno  personale,  fisso  e  pensionabile.  In
particolare, l'art. 1, rubricato «Interpretazione autentica dell'art.
47 della  legge  provinciale  19  maggio  2015,  n.  6,  [...]  cosi'
stabilisce: «1. Le  disposizioni  di  cui  all'art.  47  della  legge
provinciale 19 maggio 2015, n. 6, all'art. 14, comma 6,  della  legge
provinciale 25 settembre 2015, n. 11,  all'art.  7,  comma  1,  della
legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, ed agli articoli  1,  comma
3, e 2, comma 1, della legge provinciale 6 luglio  2017,  n.  9,  dal
momento di entrata in vigore della legge provinciale 10 agosto  1995,
n. 16, si interpretano nel senso che le erogazioni avvenute in  forza
dei meccanismi di trasformazione graduale dell'indennita' di funzione
e di coordinamento  e  di  quella  per  dirigenti  sostituti  per  il
personale degli enti facenti parte dell'intercomparto provinciale  in
assegno personale pensionabile sono da  considerare,  sin  dalla  sua
istituzione, elemento fisso e continuativo della retribuzione. A  tal
fine, conservano piena legittimita' ed efficacia, senza soluzione  di
continuita',  le  norme  in  materia  dei  contratti  collettivi,  di
comparto ed intercompartimentali, anche in attuazione  del  principio
di conservazione dei trattamenti economici fondamentali ed  accessori
in godimento alla loro  data  di  entrata  in  vigore  aventi  natura
retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalita'  per
ciascuna amministrazione o ente. 
    2. Nello stesso senso di cui al comma 1, si interpretano altresi'
le disposizioni di cui all'art. 22 della legge provinciale 23  aprile
1992, n. 10, poi trasfuso nei contratti  collettivi  di  comparto  ed
intercompartimentali per effetto della legge  provinciale  10  agosto
1995, n. 16, nonche' le disposizioni di cui all'art. 28  della  legge
provinciale 23 aprile 1992, n. 10». 
    L'art. 3 ha anticipato  al  1°  giugno  2018  la  decorrenza  del
termine previsto dall'art. 1, commi 1 e 3, e dall'art. 2, comma 1,  e
al 31 maggio 2018 del termine disposto dall'art. 17, comma  2,  della
legge provinciale n. 9/2017. 
    21.  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  queste  sezioni
riunite dubitano,  innanzitutto,  della  legittimita'  costituzionale
delle norme provinciali citate per  contrasto  con  l'art.  3  e  con
l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, sotto un duplice
profilo. Le disposizioni della Provincia  autonoma  di  Bolzano,  qui
oggetto di scrutinio, disciplinano un aspetto della retribuzione  dei
dipendenti provinciali  e,  per  tale  assorbente  profilo,  incidono
dunque sulla materia «ordinamento civile», riservata alla  competenza
esclusiva dello Stato la cui regolamentazione deve essere uniforme su
tutto il territorio nazionale. 
    Al riguardo, in modo  netto  statuisce  la  Corte  costituzionale
nella sentenza n.  18/2013  censurando  una  legge  regionale  (nella
specie della Regione Calabria, punto 5.2 del considerato in diritto):
«La disciplina  del  trattamento  economico  dei  dirigenti  di  area
funzionale   deve   essere   ritenuta    compresa    nella    materia
dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva  statale,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.». 
    Cio', di  per  se',  assume  una  valenza  pregnante  e  comporta
l'illegittimita'  costituzionale   delle   disposizioni   provinciali
oggetto del presente esame. 
    Tra le varie e consolidate sentenze  della  Corte  costituzionale
che hanno classificato  nell'ambito  della  materia  dell'ordinamento
civile la disciplina degli aspetti retributivi del pubblico  impiego,
appare particolarmente significativo citare la decisione n.  61/2014,
resa su  un  ricorso  proposto  in  via  principale  dalla  Provincia
autonoma  di  Bolzano,  che  lamentava  la  lesione   della   propria
competenza legislativa primaria  in  materia  di  «ordinamento  degli
uffici provinciali e del personale ad essi addetti». 
    In essa si legge: «... tale disposizione (art. 9,  comma  2,  del
decreto-legge  n.  78/2010,  n.d.r.),  attenendo  alla   retribuzione
spettante a lavoratori (come i dirigenti della ricorrente  Provincia)
il cui rapporto e' contrattualizzato, e' riconducibile  alla  materia
dell'"ordinamento   civile".   La   norma,   pertanto,    e'    stata
legittimamente emanata dallo Stato  nell'esercizio  della  competenza
legislativa esclusiva attribuitagli  dall'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. (questa  Corte  ha  affermato  che  il  trattamento
economico  dei  dirigenti  pubblici   e'   compreso   nella   materia
dell'"ordinamento civile" gia' nella sentenza n. 18 del 2013)». 
    Prosegue la Consulta con lo scrutinio dell'art. 9, comma  3,  del
decreto-legge n. 78/2010 affermando  che  «Tale  disposizione,  nella
parte  in  cui  concerne  il  personale  dirigenziale   regionale   e
provinciale (i cui rapporti di impiego sono tutti contrattualizzati),
e' riconducibile alla materia dell'"ordinamento civile"» (sentenza n.
173 del 2012). 
    Essa, stabilendo che nei confronti dei titolari di  incarichi  di
livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche non  si
applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la
corresponsione, a loro favore, di una  quota  dell'importo  derivante
dall'espletamento di incarichi aggiuntivi, rafforza il principio gia'
affermato dall'art. 24 del decreto legislativo n.  165  del  2001,  a
norma del quale il trattamento  economico  corrisposto  ai  dirigenti
pubblici remunera tutte  le  funzioni  ed  i  compiti  attribuiti  ai
dirigenti, nonche' qualsiasi incarico ad essi attribuito  in  ragione
del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui
prestano servizio o su designazione della stessa. 
    Si tratta di disciplina diretta a conformare due  degli  istituti
del  rapporto  di  lavoro  che  lega  i  dirigenti   alle   pubbliche
amministrazioni di appartenenza: il trattamento economico e il regime
di esclusivita'». 
    Ad  analoghe  conclusioni  sono  pervenute  anche   varie   altre
decisioni della Corte costituzionale (cfr. sentenze n.  160/2017,  n.
72/2017, n. 211/2014, n.  201/2013,  n.  286/2013,  n.  225/2013,  n.
290/2012, n. 215/2012, n. 339/2011, n.  77/2011,  n.  332/2010  e  n.
151/2010). 
    22.   D'altra   parte,   neppure   le   particolari   prerogative
autonomistiche   riconosciute   dallo   statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige  (decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1972, n.  670)  e  dalle  relative  norme  di  attuazione  (in
particolare il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266)  consentono
di superare o derogare la  competenza  esclusiva  dello  Stato  nella
materia in esame (ordinamento civile), come peraltro gia' evidenziato
dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 61/2014. 
    Dispone infatti l'art. 8  dello  statuto  di  autonomia  che  «Le
province hanno la potesta'  di  emanare  norme  legislative  entro  i
limiti indicati dall'art. 4, nelle seguenti materie: 
        1) ordinamento degli uffici provinciali e  del  personale  ad
essi addetto [omissis]». 
    L'art. 4 dello statuto di autonomia precisa che «In  armonia  con
la  Costituzione  e  i  principi  dell'ordinamento  giuridico   della
Repubblica e con il rispetto degli obblighi  internazionali  e  degli
interessi nazionali - tra i quali e'  compreso  quello  della  tutela
delle  minoranze  linguistiche   locali   -   nonche'   delle   norme
fondamentali delle riforme  economico-sociali  della  Repubblica,  la
regione ha la potesta' di emanare norme  legislative  nelle  seguenti
materie: 
        1) ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi
addetto». 
    Sono quindi fissati dallo statuto  chiari  limiti  alla  potesta'
legislativa «primaria» della Provincia  autonoma  di  Bolzano,  anche
nella materia «ordinamento degli uffici provinciali e del personale»,
che,  in  particolare,  richiama  il   legislatore   provinciale   (e
regionale)  al  rispetto  delle  norme  fondamentali  delle   riforme
economico-sociali  della  Repubblica  ed  impone  l'armonia  con   la
Costituzione  ed  i   principi   dell'ordinamento   giuridico   della
Repubblica. 
    In tal senso, anche il decreto legislativo 16 marzo 1992, n.  266
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento)  all'art.  2  (Rapporti  tra  legislazione  statale  e
legislazione  regionale)  dispone  esplicitamente  l'obbligo  per  il
legislatore  provinciale  (e  regionale)  di  adeguare   la   propria
legislazione ai principi e alle norme costituenti i  limiti  indicati
dal ridetto art. 4 dello statuto speciale. 
    Testualmente, cosi' recita l'art. 2 del  decreto  legislativo  n.
266/1992: «[Omissis] la legislazione  regionale  e  provinciale  deve
essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli
articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati  da  atto  legislativo
dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione  dell'atto
medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio  termine  da  esso
stabilito.  Restano  nel  frattempo   applicabili   le   disposizioni
legislative regionali e provinciali preesistenti». 
    In  tale  prospettiva,  appare  quindi  rilevante  richiamare   i
«principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica»  e  le  «norme
fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica» che hanno
regolato la materia in esame. 
    Assumono quindi rilevanza le disposizioni recate dalla  legge  23
ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la
revisione  delle  discipline  in  materia  di  sanita',  di  pubblico
impiego, di  previdenza  e  di  finanza  territoriale),  secondo  cui
all'art. 2, comma 1, lettera o): «1. Il Governo della  Repubblica  e'
delegato a emanare entro novanta giorni  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge uno o piu' decreti  legislativi,  diretti
al contenimento, alla razionalizzazione e al  controllo  della  spesa
per il settore del pubblico impiego, al miglioramento dell'efficienza
e della produttivita', nonche' alla sua riorganizzazione; a tal  fine
e' autorizzato a: [omissis]; 
        o)  procedere  alla  abrogazione   delle   disposizioni   che
prevedono  automatismi  che  influenzano  il  trattamento   economico
fondamentale ed accessorio, e di  quelle  che  prevedono  trattamenti
economici accessori, settoriali, comunque  denominati,  a  favore  di
pubblici    dipendenti    sostituendole    contemporaneamente     con
corrispondenti disposizioni di accordi contrattuali anche al fine  di
collegare   direttamente   tali   trattamenti   alla    produttivita'
individuale e a quella  collettiva  ancorche'  non  generalizzata  ma
correlata all'apporto partecipativo raggiunte  nel  periodo,  per  la
determinazione  delle  quali  devono  essere  introdotti  sistemi  di
valutazione e  misurazione,  ovvero  allo  svolgimento  effettivo  di
attivita' particolarmente disagiate ovvero obiettivamente  pericolose
per incolumita' personale o dannose  per  la  salute;  prevedere  che
siano comunque fatti salvi i trattamenti  economici  fondamentali  ed
accessori  in  godimento  aventi  natura  retributiva   ordinaria   o
corrisposti con carattere di generalita' per ciascuna amministrazione
o ente; prevedere il principio della  responsabilita'  personale  dei
dirigenti in caso di attribuzione impropria dei trattamenti economici
accessori». 
    In  particolare,  il  successivo  art.  2,  comma  2,   qualifica
espressamente le  disposizioni  recate  dal  testo  di  legge  e  dai
relativi  decreti  delegati,  imponendone  la  natura  di   «principi
fondamentali» (ai  sensi  dell'art.  117  della  Costituzione,  testo
previgente) e di «norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale
della Repubblica». 
    Testualmente cosa recita  l'articolo,  riferendosi  proprio  alle
regioni a statuto ed alle province autonome: «2. Le disposizioni  del
presente  articolo  e  dei  decreti  legislativi  in  esso   previsti
costituiscono principi fondamentali  ai  sensi  dell'art.  117  della
Costituzione. I principi desumibili dalle disposizioni  del  presente
articolo costituiscono altresi' per le regioni a statuto  speciale  e
per le Province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di
riforma economico-sociale della Repubblica». 
    Analogamente, l'art. 1,  comma  3,  del  decreto  legislativo  n.
165/2001, attuativo del  citato  art.  2  della  legge  n.  421/1992,
dispone  quanto  segue:  «Le  disposizioni   del   presente   decreto
costituiscono principi fondamentali  ai  sensi  dell'art.  117  della
Costituzione. Le regioni a statuto ordinario  si  attengono  ad  essi
tenendo  conto  delle  peculiarita'  dei  rispettivi  ordinamenti.  I
principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n.  421,
e successive modificazioni, e dall'art. 11, comma 4, della  legge  15
marzo 1997,  n.  59,  e  successive  modificazioni  ed  integrazioni,
costituiscono altresi', per le regioni a statuto speciale  e  per  le
Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  norme  fondamentali  di
riforma economico-sociale della Repubblica». 
    Ne deriva che le contestate disposizioni  provinciali,  oltre  ad
aver preteso di disciplinare  una  materia  di  esclusiva  competenza
statale (ordinamento civile), hanno pure violato i limiti recati  dal
ridetto art. 4 dello statuto di autonomia. 
    23. Lo stesso legislatore  provinciale  aveva  gia'  trasfuso  il
disposto, di cui al citato art. 2, comma 1, lettera o),  della  legge
n. 421/1992, nell'ordinamento giuridico della Provincia con l'art. 5,
comma  6,  della  legge   provinciale   10   agosto   1995,   n.   16
(successivamente abrogata dall'art. 52, comma 2,  lettera  i),  della
legge provinciale n. 6/2015). 
    Il citato art. 5, comma 6, cosi' disponeva: «In sede  di  rinnovo
dei  contratti  e  di  determinazione   del   trattamento   economico
costituiscono punti di riferimento della contrattazione: [omissis]; 
      e) il divieto di automatismi  che  influenzano  il  trattamento
economico fondamentale ed  accessorio,  collegando  tali  trattamenti
alla produttivita' individuale e di gruppo». 
    Il legislatore provinciale, quindi, in attuazione  di  una  norma
fondamentale di riforma economico sociale della Repubblica  (art.  2,
comma 1, lettera o),  della  legge  n.  421/1992),  aveva  introdotto
nell'ordinamento della  Provincia  il  divieto  di  corrispondere  ai
propri dipendenti maggiorazioni  di  emolumenti  fissi  od  accessori
attraverso meccanismi meramente automatici,  ancorando,  invece,  gli
aumenti  retributivi  a  riscontrati  incrementi  di   produttivita',
esigendo  che  a  fronte  della  prestazione  «corrisponda,   secondo
l'operare  del  sinallagma,  una   controprestazione   economicamente
valutabile,  qual  e'   l'incremento   della   produttivita'.   Nella
fattispecie in esame la trasformazione di una quota di indennita'  in
assegno personale pensionabile fisso e continuativo comporta, invece,
l'attribuzione al dipendente, all'atto della cessazione dell'incarico
dirigenziale o di coordinamento, di un  incremento  automatico  della
retribuzione   fondamentale,   spesa   priva    di    utilita'    per
l'amministrazione, in quanto non correlata: ad alcun incremento della
prestazione resa, ma, al contrario, alla sua diminuzione quantitativa
e qualitativa, svolgendo, il dipendente che e' cessato dalle funzioni
dirigenziali,  le  ordinarie  mansioni   di   funzionario»   (sezione
giurisdizionale Trentino-Alto Adige, n. 52/2017  citata,  punto  25.3
della motivazione). 
    24. Ancora, la qualificazione delle disposizioni  statali  citate
quali  «principi  fondamentali»  e  «norme  fondamentali  di  riforma
economico-sociale della Repubblica» e' idonea a determinare  altresi'
la violazione dell'art. 3 della Costituzione (principi di uguaglianza
e ragionevolezza), nella parte  in  cui  le  contestate  disposizioni
provinciali consolidano un ordinamento del tutto sui  generis  per  i
dipendenti della Provincia autonoma di Bolzano che,  diversamente  da
tutti  i  dipendenti  pubblici  del  restante  territorio  nazionale,
mantengono l'indennita' di posizione e  di  direzione  anche  se  non
ricoprono  piu'  le  pertinenti  posizioni  apicali  dirigenziali   o
direttive. 
    E' ben noto, per essere stato anche  piu'  volte  riaffermato  da
codesta ecc.ma Corte (Corte  cost.,  sentenza  n.  151/2010)  che  la
disciplina del rapporto di  lavoro  del  dipendente  pubblico,  anche
regionale - ora  contrattualizzato,  rientra  appunto  nella  materia
dell'ordinamento civile. Detta disciplina, ad evitare  ingiustificate
disparita' di  trattamento  tra  i  dipendenti  di  diversi  soggetti
pubblici datoriali, deve essere «uniforme sul territorio nazionale  e
imporsi anche alle regioni a statuto speciale»  (Corte  cost.,  sent.
cit.)  A  tale  esigenza  di  uniformita'  si  ispira   evidentemente
l'espressa previsione contenuta nel ridetto  art.  1,  comma  3,  del
decreto  legislativo  n.  165/2001,  secondo  la  quale  i   principi
desumibili dalla legge di delega al Governo per la  razionalizzazione
e la revisione delle discipline in materia di  sanita',  di  pubblico
impiego, di previdenza e di finanza territoriale (legge  n.  421  del
1992, cit., art. 2, comma 1, lettera d), e  comma  2)  «costituiscono
[omissis] per le  regioni  a  statuto  speciale  e  per  le  Province
autonome di Trento  e  di  Bolzano,  norme  fondamentali  di  riforma
economico-sociale della Repubblica». 
    Orbene, nel regolare questa peculiare conservazione da parte  del
dipendente  pubblico   di   indennita'   legate   alle   funzioni   e
responsabilita' dell'incarico  precedentemente  rivestito,  le  norme
provinciali  si  pongono  in  contrasto  coni  principi  fondamentali
dell'ordinamento e le ora menzionate «norme fondamentali». 
    25. Sempre con riferimento all'art. 2 della legge n. 421/1992  ed
al conseguente art. 7, comma 5, del decreto legislativo  n.  165/2001
in base al quale «Le amministrazioni pubbliche  non  possono  erogare
trattamenti  economici   accessori   che   non   corrispondano   alle
prestazioni effettivamente rese» va evidenziato che lo Stato, ponendo
i basilari fondamenti normativi per coordinare  la  finanza  pubblica
(art.  117,  comma  3,  Cost.)  -  incluse  le  norme  generali   sul
trattamento economico dei pubblici impiegali  -  sia  titolare  della
relativa potesta'  proprio  al  fine  dell'esercizio  della  suddetta
funzione di coordinamento finanziario, anche in chiave  di  controllo
ed indirizzo degli effetti economici derivanti dalle norme in tema di
finanza pubblica. 
    Appare, pertanto,  chiaro  il  senso  del  divieto,  imposto  dal
legislatore con la legge n. 421/1992 e con il decreto legislativo  n.
165/2001, di automatismi, che influenzano  il  trattamento  economico
fondamentale ed accessorio, e del correlativo obbligo di collegare  i
trattamenti economici alla produttivita' individuale «per modo che  a
fronte della prestazione (aumento retributivo  fisso  od  accessorio)
corrisponda, secondo l'operare del sinallagma, una  controprestazione
economicamente valutabile, qual e' l'incremento della  produttivita'.
Nella  fattispecie  in  esame  la  trasformazione  di  una  quota  di
indennita' in assegno personale  pensionabile  fisso  e  continuativo
comporta,  invece,  l'attribuzione  al  dipendente,  all'atto   della
cessazione dell'incarico  dirigenziale  o  di  coordinamento,  di  un
incremento automatico della retribuzione fondamentale, spesa priva di
utilita' per l'amministrazione, in  quanto  non  correlata  ad  alcun
incremento  della  prestazione  resa,  ma,  al  contrario,  alla  sua
diminuzione quantitativa e qualitativa, svolgendo, il dipendente  che
e' cessato dalle funzioni  dirigenziali,  le  ordinarie  mansioni  di
funzionario. Infatti, in  assenza  della  carriera  dirigenziale,  le
funzioni    di    dirigente    sono    assegnate     a     funzionari
dell'amministrazione  provinciale  che,  al  termine  delle   stesse,
tornano ad essere funzionari ed a  svolgere  le  correlate  mansioni»
(sentenza n. 52/2017, cit., punto 25.3 della motivazione). 
    26. Nei termini appena prospettati, le notate  censurate  con  la
presente ordinanza si pongono altresi' in contrasto  con  i  principi
costituzionali dell'imparzialita' e  del  buon  andamento,  declinato
come economicita', efficienza ed efficacia (art. 97, comma 2, Cost.),
nonche' di quello della proporzionalita' della retribuzione  rispetto
«alla quantita' e alla qualita' dell'attivita'  prestata»  (art.  36,
comma 1, Cost.). 
    In  particolare,  il  concetto  di  giusta  retribuzione  di  cui
all'art. 36 della Costituzione, che, interpretato  inizialmente  come
norma meramente programmatica, ha assunto negli anni una  valenza  di
norma immediatamente precettiva, deve  essere  inteso  non  solo  nel
senso di garanzia di uno  standard  minimo  di  retribuzione  per  il
lavoratore, ma anche come fonte di un divieto di erogare nel rapporto
di lavoro pubblico (la cui disciplina e' permeata dall'esigenza di un
uso rigoroso del denaro della collettivita', in conformita' al canone
costituzionale di economicita', efficienza ed  efficacia  dell'azione
della pubblica amministrazione) incrementi retributivi sulla base  di
meri meccanismi automatici privi di ogni correlazione con l'attivita'
effettivamente prestata. 
    27.  D'altro  canto,   il   principio   di   effettivita'   delle
prestazioni,  quale   corollario   del   valore   costituzionale   di
proporzionalita'  della  retribuzione  espresso  dall'art.  36  Cost.
costituisce una prescrizione generale e di palese evidenza  che  crea
un nesso indibile di corrispettivita'  tra  le  funzioni  rese  e  la
retribuzione delle stesse. 
    Detto principio viene recepito, come gia'  visto,  a  livello  di
legislazione statale dall'art. 7, comma 5, del decreto legislativo n.
165/2001, che si configura come norma interposta,  secondo  cui:  «Le
amministrazioni pubbliche non possono erogare  trattamenti  economici
accessori che non corrspondano alle prestazioni effettivamente rese». 
    Questo principio e', tra l'altro, costantemente richiamato  dalla
giurisprudenza amministrativa in materia di  indennita'  di  funzioni
dirigenziali. 
    Il Consiglio di Stato, al riguardo,  ha  infatti  avuto  modo  di
statuire che: «l'indennita'  di  funzione  dirigenziale  e'  connessa
all'effettivo esercizio delle funzioni e  non  puo'  in  nessun  caso
essere mantenuta e corrisposta ad  un  dirigente  che  attraverso  un
provvedimento di mobilita' (quale, nel caso il comando  presso  altra
amministrazione) venga a perdere l'effettivo esercizio della funzione
stessa. [Omissis]. Essa ha, quindi, come presupposto che il dirigente
sia preposto alla direzione di una struttura, settore o servizio e ha
quale  causa  la  remunerazione  delle   prestazioni   svolte   quale
responsabile della struttura. Non puo', pertanto,  essere  attribuita
in mancanza dell'assegnazione di funzioni di direzione di  struttura,
settore o servizio» (Consiglio  di  Stato,  sezione  V,  sentenza  n.
6686/2011). 
    Ma anche la giurisprudenza contabile in piu' occasioni  affermato
tali principi. In particolare, appare utile citare la sentenza  della
Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  Regione   Toscana,   n.
523/2009, secondo  cui  «nell'attuale  sistema  di  pubblico  impiego
privatizzato    le    posizioni    organizzative     si     traducono
nell'attribuzione (retribuita con specifica indennita') di compiti ad
impiegati apicali non dirigenti, che  richiedono  lo  svolgimento  di
funzioni con assunzione diretta di elevata responsabilita' necessarie
o opportune per una migliore gestione organizzativa (Corte dei conti,
sezione giurisdizionale Regione  Lombardia  10  marzo  2006,  n.  172
[omissis]). E' evidente  la  distinzione  tra  trattamento  economico
fondamentale "emolumento fisso, continuativo, costante e generale" la
natura accessoria di altri emolumenti  (nella  specie  indennita'  di
posizione) in cui e' evidenziata la finalita' retributiva sulla  base
degli obiettivi e di altri parametri soggettivi (in termini sezione I
Centr. 15 luglio 2008, n. 322, sezione giurisdizionale Regione Veneto
7 dicembre 2006, n. 1158, e sezione giurisdizionale Regione Lombardia
8 luglio 2008, n. 457)». 
    28. Pare utile ricordare che, a  livello  di  dirigenza  statale,
l'art. 62 del C.C.N.L. della dirigenza  dell'area  I  del  21  aprile
2006, recava la  c.d.  «clausola  di  salvaguardia»,  secondo  cui  i
dirigenti  avevano  diritto  di  conservare,   in   una   determinata
percentuale, la retribuzione di posizione corrisposta in relazione al
precedente incarico, nel caso di attribuzione di incarico  di  fascia
inferiore.  Si  potrebbe  qui   riproporre   l'efficace   espressione
utilizzata dalla sezione di controllo per  la  Regione  Sicilia  che,
nella deliberazione n. 10/2010/prev.,  ha  affermato,  sia  pure  con
riferimento ad un contesto normativo differente, che le  clausole  di
salvaguardia avrebbero  l'inammissibile  effetto  di  trasformare  di
fatto un «incarico» in «qualifica». Esattamente come si verifica  nel
caso dei  dipendenti  provinciali  che,  pur  cessando  di  ricoprire
incarichi apicali,  continuano  a  percepire  parte  del  trattamento
economico precedentemente in godimento. 
    Con specifico riferimento alla citata disposizione  del  C.C.N.L.
dirigenza, la Corte dei conti nel 2009, con la delibera  n.  6  della
sezione di controllo sulla gestione, intitolata  «L'attuazione  della
clausola di salvaguardia di cui all'art. 62, comma  2,  del  C.C.N.L.
relativo al personale dirigenziale dell'area I»,  aveva  sottolineato
la necessita' di provvedere «al piu' presto  alla  cancellazione  del
[...] art. 62 dall'ordinamento», rappresentando  quanto  segue:  «E',
dunque, innegabile che  la  disposizione  del  contratto  collettivo,
interrompendo  il  nesso  esistente  tra  incarico   e   retribuzione
spettante, abbia fortemente inciso sul  rapporto  sinallagmatico  tra
"funzioni  attribuite  e   connesse   responsabilita'"   voluto   dal
legislatore e stigmatizzato dall'art. 24 del decreto  legislativo  n.
165 del 2001 immettendo, come gia' evidenziato dalle sezioni riunite,
una sorta di "divieto di reformatio in peius",  in  palese  contrasto
anche con l'ultimo periodo del primo comma del precedente art. 19 che
dispone  l'inapplicabilita'  dell'art.  2103  del  codice  civile  al
conferimento degli incarichi ed al passaggio  ad  incarichi  diversi.
[Omissis] l'art. 62, a sua volta, contrasta con l'art. 19 del decreto
legislativo n. 165  del  2001,  il  cui  primo  comma,  com'e'  noto,
sancisce l'inapplicabilita'  dell'art.  2103  del  codice  civile  al
conferimento degli incarichi, ed il cui  secondo  comma  richiama  il
successivo art.  24,  che  impone  la  correlazione  tra  trattamento
economico accessorio da un lato, e  funzioni  attribuite  e  connesse
responsabilita', dall'altro. Tali norme, in virtu' del comma  12-bis,
introdotto nel primo dei citati articoli dalla legge n. 145 del 2002,
sono da ritenere inderogabili dai contratti collettivi. Si tratta  di
norme di particolare rilevanza, che, fra l'altro, non possono  essere
violate dalla contrattazione collettiva in forza del comma 12-bis del
medesimo art. 19, che, introdotto dall'art. 3, comma  1,  lettera  n)
della legge n. 145 del 2002,  ha  rafforzato  tutte  le  disposizioni
dettate  nel  testo  dell'articolo,  e  in  quelli  ivi   richiamati,
prevedendone  l'inderogabilita'   da   parte   della   contrattazione
collettiva». 
    Detta clausola di salvaguardia risulta oggi eliminata per effetto
dell'art. 9, comma 32, del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,
secondo cui: «A  decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente provvedimento le pubbliche amministrazioni di  cui  all'art.
1, comma 2, del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001  che,  alla
scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in  dipendenza
dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza  di
una  valutazione  negativa,  confermare   l'incarico   conferito   al
dirigente, conferiscono al  medesimo  dirigente  un  altro  incarico,
anche di valore economico inferiore. Non si  applicano  le  eventuali
disposizioni normative e contrattuali piu' favorevoli». 
    29. Il contrasto delle norme oggetto di scrutinio con l'art. 117,
comma 2, lettera l), della Costituzione si apprezza  anche  sotto  un
secondo profilo. 
    Infatti, a seguito della privatizzazione del rapporto  di  lavoro
alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la materia in  esame
rientra,  come  e'  gia'   stato   sopra   evidenziato,   nell'ambito
dell'ordinamento civile riservato allo Stato ai sensi dell'art.  117,
comma 2, lettera l), della Costituzione. Riserva esercitata, nel caso
di specie, mediante il decreto legislativo n. 165/2001 che rinvia, al
riguardo, alla contrattazione collettiva. 
    Inoltre, secondo il costante  orientamento  di  questa  Corte,  a
seguito della privatizzazione del  rapporto  di  pubblico  impiego  -
operata dall'art. 2 della legge n. 421/1992, dall'art. 11,  comma  4,
della  legge  15  marzo  1997,  n.  59  (Delega  al  Governo  per  il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti  locali,  per
la riforma della pubblica amministrazione e  per  la  semplificazione
amministrativa), e dai decreti legislativi emanati in  attuazione  di
dette leggi di delega - la disciplina del  rapporto  di  lavoro  alle
dipendenze della pubblica amministrazione e' retta dalle disposizioni
del codice civile e dalla contrattazione collettiva. 
    In particolare, dall'art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo, del
decreto legislativo n.  165/2001  emerge  il  principio  per  cui  il
trattamento  economico  dei  dipendenti  pubblici  e'   affidato   ai
contratti collettivi, di tal che la disciplina di  detto  trattamento
e, piu' in generale, quella del rapporto di impiego pubblico rientra,
si ribadisce,  nella  materia  «ordinamento  civile»  riservata  alla
potesta' legislativa esclusiva dello Stato. 
    In argomento lo Stato risulta essere  intervenuto,  tra  l'altro,
adottando l'art. 45  del  decreto  legislativo  n.  165/2001  che  ha
fissato il  basilare  principio  per  cui  il  trattamento  economico
fondamentale e accessorio e' definito dai contratti collettivi. 
    Dunque la scelta del legislatore statale, l'unico  competente  in
materia, e' stata quella di sottrarre  alla  fonte  legislativa  ogni
diretta attribuzione  al  riguardo,  demandando  al  procedimento  di
contrattazione, con le correlate garanzie esistenti - anche in ordine
alla  compatibilita'   dei   relativi   costi   e,   pertanto,   alla
sostenibilita' della spesa pubblica la  possibilita'  di  intervenire
anche su eventuali incrementi del trattamento  accessorio.  Anche  la
posizione  dei  dipendenti  provinciali  e'  attratta  dalla   citata
disciplina del  trattamento  economico  e  giuridico  dei  dipendenti
pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto  legislativo  n.
165/2001; per cui anche per  il  personale  delle  regioni  (province
autonome) il rapporto di impiego e' regolato dalla legge dello  Stato
e, in virtu' del  rinvio  da  questa  operato,  dalla  contrattazione
collettiva. 
    La   stessa   Provincia   e'   consapevole   della   riserva   di
contrattazione  in  materia,  come  dimostra  quanto  dichiarato   in
occasione della riunione camerale del 20 giugno 2018. Cosi' si  legge
a pag. 21 della relazione allegata alla decisione n.  1/PARI/2018  di
queste sezioni riunite: «Nella riunione camerale del 20 giugno 2018 i
rappresentanti  dell'amministrazione  hanno,   tra   l'altro,   fatto
presente  che  la  trasformazione  dell'indennita'  di  funzione   in
indennita'  di  posizione  [omissis]  e'  oggetto  di  contrattazione
collettiva». 
    La possibilita', pertanto, che con legge regionale  (provinciale)
si vada a modificare un aspetto fondamentale del rapporto  di  lavoro
subordinato, nell'ambito del pubblico  impiego,  quale  e'  l'aspetto
retributivo, non risulta affatto ammissibile posto  che  operando  in
tale modo si incide in ambito contrattuale,  ovvero  in  un  segmento
riconducibile  all'ordinamento  civile,   di   competenza   esclusiva
statale, come gia' messo in luce,  in  piu'  occasioni,  dalla  Corte
costituzionale  (sentenza  22  dicembre  2011,  n.  339).  La   Corte
costituzionale ha, infatti,  statuito  -  occupandosi  di  una  legge
regionale  che  disponeva   l'aumento   del   trattamento   economico
accessorio - che  la  norma  impugnata  «disciplina  un  aspetto  del
trattamento economico dei dipendenti della regione, il  cui  rapporto
d'impiego e' stato privatizzato (ex  plurimis:  sentenza  n.  77  del
2011, punto 3 del considerato  in  diritto),  sicche'  rientra  nella
materia dell'ordinamento civile, come si desume, del resto, dall'art.
45, comma 1, del citato decreto legislativo  n.  165  del  2001,  con
conseguente violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera  l),  Cost.»
(Corte cost. n. 339/2011). 
    La contrattazione collettiva non puo',  comunque,  mai  porsi  in
contrasto con i principi fondamentali dettati  dalla  Costituzione  e
dalle leggi, ivi compresi i vincoli imposti  per  fini  di  controllo
della spesa pubblica, ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo n.
165/2001,  i  cui  precetti,  quale  quello  della  correlazione  del
trattamento economico accessorio all'effettivita'  delle  prestazioni
rese, «costituiscono disposizioni a carattere imperativo»,  ai  sensi
dell'art. 2, comma 2. 
    30. In tal senso, occorre richiamare gli ultimi  tre  giudizi  di
parifica (per gli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016),  nei  quali
queste sezioni riunite hanno dichiarato la nullita'  di  disposizioni
di contratti  collettivi  di  intercomparto  e  di  comparto  per  la
Provincia autonoma di Bolzano.  Si  poneva,  difatti,  «la  questione
della  compatibilita'  delle   suddette   norme   di   contrattazione
collettiva col divieto di erogare trattamenti economici accessori che
non corrispondano alle  prestazioni  effettivamente  rese»,  come  da
disposizione di cui all'art. 7, comma 5, del decreto  legislativo  n.
165/2001 [omissis]. Le attuali previsioni contrattuali, limitatamente
alle   indennita'   corrisposte   ai   funzionari   senza    incarico
dirigenziale, paiono affette da  nullita'  alla  luce  del  principio
espresso dal richiamato art. 7, comma 5, del decreto  legislativo  n.
165/2011, [omissis] con disposizione che ai sensi dell'art. 1,  comma
3, del citato decreto costituiscono principio fondamentale  ai  sensi
dell'art. 117  della  Costituzione.  Infatti,  il  comma  3-quinquies
dell'art. 40 del medesimo decreto legislativo, prevede  espressamente
il divieto per le pubbliche amministrazioni di «... sottoscrivere  in
sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto  con  i
vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi  nazionali
o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale  livello
negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di
programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei
casi di violazione dei vincoli e dei  limiti  di  competenza  imposti
dalla contrattazione nazionale o dalle norme di  legge,  le  clausole
sono nulle, non possono essere  applicate  [omissis].  E  ancora  «Il
giudicante,  nel  prendere  atto  che  la  materia   e'   stata   ora
ridisciplinata con norma che appare  confliggere  con  la  competenza
esclusiva dello Stato in materia, non ritiene di poter  esprimere  un
giudizio positivo in ordine alla  regolarita'  degli  impegni  e  dei
pagamenti effettuati nel corso  del  2014,  relativamente  alle  sole
indennita' corrisposte in assenza di incarico dirigenziale» (pag. 199
e seguenti della relazione sul rendiconto  generale  della  Provincia
autonoma di Bolzano - esercizio finanziario 2014). 
    31. Per dette ragioni appare possibile anche un  conflitto  delle
disposizioni provinciali con l'art. 119 letto in  combinato  disposto
con l'art. 117, comma 3, della Costituzione. Si evidenzia a  riguardo
che lo Stato, ponendo i basilari fondamenti normativi per  coordinare
la finanza  pubblica,  incluse  le  norme  generali  sul  trattamento
economico dei pubblici impiegati, e' titolare della relativa potesta'
proprio  al  fine   dell'esercizio   della   suddetta   funzione   di
coordinamento finanziario, anche in chiave di controllo ed  indirizzo
degli effetti economici derivanti dalle  norme  in  tema  di  finanza
pubblica. 
    Il legislatore statale e'  dunque  chiamato  a  porre  in  essere
strumenti  efficaci  di  coordinamento  e  controllo  di   tutte   le
componenti  della   finanza   pubblica,   che,   senza   pregiudicare
l'autonomia   degli   enti    territoriali,    assicurino    tuttavia
un'evoluzione delle entrate e delle spese (ivi compresa, soprattutto,
la spesa in tema di personale) coerente  con  gli  obiettivi  che  il
Governo  e  il  Parlamento   hanno   fissato   negli   strumenti   di
programmazione   economico-finanziaria   a   livello   nazionale    e
comunitario. 
    Nel caso di specie, infatti, la Provincia  autonoma  di  Bolzano,
con le leggi in esame, ha incrementato la spesa pubblica in  tema  di
personale, spesa che, secondo la giurisprudenza  costituzionale,  non
e' minuta  voce  di  dettaglio  delle  spese,  ma  si  presenta  come
fondamentale aggregato della spesa corrente. In tal senso, emerge con
ancor maggior vigore l'importanza che assume il controllo della spesa
del personale al fine di conseguire  obiettivi  di  finanza  pubblica
interni e comunitari. 
    Dunque, le relative disposizioni legislative statali assurgono  a
principio fondamentale, anche nel quadro dell'art. 117 Cost.,  atteso
il carattere finalistico dell'azione di coordinamento  della  finanza
pubblica (Corte cost., sentenza n. 108/2011; cfr. anche  la  sentenza
n. 217/2012 e la sentenza n. 61/2014). 
    Del resto  e'  stato  affermato,  ripetutamente,  che  i  vincoli
discendenti dal principio di  coordinamento  della  finanza  pubblica
devono essere rispettati anche dalle regioni  ad  autonomia  speciale
(Corte cost., sentenza 18 gennaio 2013, n. 3, in merito a legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia). Dunque, se a livello statale
sono state disegnate predeterminate  regole  per  la  fissazione  del
trattamento  retributivo,   anche   accessorio,   mediante   istituti
peculiari, quale la contrattazione collettiva, e' evidente  che  tale
meccanismo sia stato disegnato al fine della  concreta  realizzazione
di  quel  coordinamento  voluto  dalla  Costituzione   ed   intestato
innanzitutto allo Stato e che lo stesso  debba  essere  osservato  da
parte dei legislatori regionali, posto che altrimenti la finalita' di
coordinamento e controllo della spesa pubblica sarebbe frustrata. 
    32. Si profila altresi' un contrasto tra le  disposizioni  recate
dagli articoli 1, 2 e 17 della legge provinciale n.  9/2017  e  dagli
articoli 1  e  3  della  legge  provinciale  n.  1/2018  rispetto  ai
parametri costituzionali degli articoli 101, comma 2, 103 e 108 della
Costituzione. 
    Occorre, infatti, valorizzare la sequenza temporale  delle  leggi
provinciali in materia rispetto ai momenti rilevanti di esercizio dei
poteri  intestati   dalla   Costituzione   alla   Corte   dei   conti
unitariamente intesa, con riferimento sia alla funzione di  controllo
sia alla funzione giurisdizionale. 
    Il 25 giugno 2015  si  svolgeva  il  primo  dei  tre  giudizi  di
parifica (trattasi dei giudizi gli esercizi finanziari 2014,  2015  e
2016), nel corso del quale  le  sezioni  riunite  pervenivano  ad  un
decisum di irregolarita' dei capitoli di spesa relativi al  pagamento
delle indennita'  di  funzione  e  di  coordinamento  a  dirigenti  e
funzionari provinciali senza incarico,  poiche'  erogati,  in  virtu'
della descritta trasformazione, in favore  di  personale  provinciale
ormai privo di incarico dirigenziale  o  di  coordinamento.  Analoghe
decisioni di non parifica venivano  adottate  dalle  sezioni  riunite
regionali anche  con  riferimento  ai  rendiconti  per  gli  esercizi
finanziari 2015 e 2016. 
    Come emerge dalla lettura della citata sentenza n. 52/2017  della
sezione giurisdizionale di Bolzano, in data 29 giugno 2015 la procura
contabile disponeva l'apertura di un'indagine  alla  luce  di  quanto
emerso nel corso del giudizio  di  parifica.  Il  25  settembre  2015
interveniva il legislatore provinciale con la legge provinciale n. 11
e, successivamente, con la legge provinciale 18 ottobre 2016, n.  21,
che novella il comma  2  dell'art.  47  della  legge  provinciale  n.
6/2015, mutando la fonte di  disciplina  della  trasformazione  delle
indennita' delle quali si tratta: la legge e non  piu'  il  contratto
collettivo. 
    Il 30 gennaio 2017 (come si apprende dalla  sentenza  n.  52/2017
cit., punto 19 della motivazione)  la  procura  regionale  depositava
l'atto di citazione (G 1896/R.G.)  per  l'azione  di  responsabilita'
erariale dei componenti della  delegazione  pubblica,  firmatari  dei
summenzionati contratti collettivi. 
    Il 6 luglio 2017 era approvata la legge provinciale n. 9.  Il  21
settembre  2017  si  svolgeva  l'udienza  pubblica  nell'ambito   del
predetto giudizio G 1896/R.G. e il 15 dicembre 2017 era depositata la
sentenza di condanna dei componenti la delegazione di parte  pubblica
(vedi  supra  punto  19).  Da  ultimo,  il  legislatore   provinciale
interveniva con la legge 9 febbraio 2018, n. 1. 
    33. E' di tutta evidenza che, nonostante i  ripetuti  giudizi  di
non parifica dei capitoli di spesa relativi  alla  corresponsione  di
emolumenti accessori, privi di correlazione alcuna con la prestazione
svolta durante  l'attivita'  lavorativa,  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano non ha disposto ne' l'eventuale  arresto  di  ogni  ulteriore
pagamento dovuto ai dipendenti per i quali gli incarichi di direzione
e di coordinamento erano ormai  cessati,  ne'  tantomeno  l'eventuale
recupero delle somme versate  nel  suddetto  esercizio.  Ha,  invece,
confermato  e  salvaguardato  l'asserita  legittimita'   dell'assetto
precedente, intervenendo ripetutamente sulla materia, anche  dopo  il
deposito dell'atto di  citazione  e,  soprattutto,  dopo  una  chiara
sentenza di condanna per danno erariale a carico della delegazione di
parte pubblica firmataria dei contratti collettivi. 
    34. Sul punto, non si deve sottovalutare la disposizione  di  cui
all'art. 52, comma 6, del Codice di giustizia contabile  (allegato  1
al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174), secondo cui,  benche'
con riferimento all'amministrazione denunciante, sussiste  «l'obbligo
per la pubblica amministrazione denunciante di porre in essere  tutte
le  iniziative  necessarie  a  evitare  l'aggravamento   del   danno,
intervenendo ove possibile in via di autotutela o comunque  adottando
gli  atti  amministrativi  necessari  a  evitare   la   continuazione
dell'illecito e a determinarne la cessazione». 
    35.  Si  ritiene,  pertanto,  che  le  disposizioni  in  esame  -
segnatamente la legge provinciale n. 9/2017 e la legge provinciale n.
1/2018 - rechino un vulnus anche gli articoli 101, comma 2, 103 e 108
Cost., in  quanto  incidono  sulle  funzioni  attribuite  ai  giudici
contabili. Le dette norme avrebbero avuto quale unico effetto  quello
di limitare la responsabilita' per danno erariale  della  delegazione
di parte pubblica firmataria dei contratti  collettivi,  considerando
altresi' che la citata  sentenza  della  sezione  giurisdizionale  di
Bolzano, n. 52/2017, sembra delineare un'ipotesi  di  responsabilita'
ascrivibile anche alla giunta provinciale all'epoca  dei  fatti  (non
evocata in giudizio dalla procura), nella parte in  cui  afferma  che
«II diretto coinvolgimento dell'operato della giunta  implica  dunque
che i due terzi del danno complessivamente contestato  dalla  procura
(pari a circa euro 2.700.000,00) devono ritenersi ad essa causalmente
attribuibili» (punto 31 della motivazione). 
    36.  Si  dubita  altresi'  della  reale  portata  di   legge   di
interpretazione autentica della legge provinciale n.  1/2018.  Al  di
la'  dell'espressa  rubrica  dell'art.   1   della   predetta   legge
provinciale, si rammenta che nel caso di specie non v'erano norme  di
dubbio  o  equivoco  significato,  per  le  quali  fosse   necessario
un'operazione ermeneutica da parte del legislatore provinciale. 
    Infatti, «il legislatore puo' adottare norme  di  interpretazione
autentica non soltanto in presenza di incertezze nell'applicazione di
una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la
scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso
del  testo  originario,  cosi'  rendendo  vincolante  un  significato
ascrivibile ad una norma anteriore (ex plurimis: sentenze n. 209  del
2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n.  234  del  2007)»  (cosi',
Corte cost. n. 271/2011; in tal senso anche sentenza n. 227/2014). 
    La Corte, tuttavia, non si limita ad individuare  le  circostanze
giustificative dell'adozione di tali norme,  sottolineando  anche  la
sussistenza di una serie di limiti all'efficacia retroattiva di  tali
leggi, limiti che il giudice di legittimita' costituzionale definisce
come «valori di civilta' giuridica», quali «il rispetto del principio
di   ragionevolezza   che   ridonda   nel   divieto   di   introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario» (Corte cost. n.  397/1994;  nello  stesso  senso,
piu' di recente, Corte cost. n. 69/2014, n. 308/2013 e n.  103/2013).
Illuminante  al  riguardo  e',  in   particolare,   il   ragionamento
ricostruito dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.  209/2010,
nella  quale,  nel  dichiarare  l'incostituzionalita'  di  una  legge
provinciale urbanistica della Provincia di Bolzano -  qualificata  di
interpretazione autentica - ha evidenziato  che,  nella  fattispecie,
«l'irragionevolezza risiede nella circostanza che il  legislatore  e'
intervenuto per  rendere  retroattivamente  legittimo  cio'  che  era
illegittimo,  senza  che  fosse  necessario  risolvere   oscillazioni
giurisprudenziali e senza che il  testo  delle  norme  "interpretate"
offrisse alcun appiglio semantico nel senso delle rilevanti modifiche
introdotte. In tal  modo  non  solo  si  e'  leso  l'affidamento  dei
consociati  nella  stabilita'  della   disciplina   giuridica   della
fattispecie, che viene sconvolta dall'ingresso inopinato e immotivato
di norme retroattive che alternano rapporti pregressi,  ma  si  rende
inutile e privo di effettivita' il diritto dei cittadini di  adire  i
giudici per ottenere la tutela delle  proprie  situazioni  giuridiche
soggettive». 
    Ebbene, siffatte argomentazioni si  attagliano  perfettamente  al
caso di specie, giacche' non sussistevano le condizioni necessarie  a
giustificare l'adozione di una norma  di  interpretazione  autentica,
appalesandosi il reale scopo del legislatore provinciale quale quello
di salvaguardare l'assetto  preesistente  rendendo  «retroattivamente
legittimo cio' che era illegittimo». 
    37. Ad ogni buon conto,  anche  qualora  si  volesse  riconoscere
effettiva valenza retroattiva all'art. 1 della legge  provinciale  n.
1/2018, avallando il senso letterale della disposizione, e' opportuno
richiamare l'orientamento della Consulta in ordine alle  interferenze
del potere legislativo con il potere giudiziario. 
    Sul punto, significativa appare la  decisione  n.  93/2011  nella
quale la Consulta ha ribadito che «Con  riguardo  al  rispetto  delle
funzioni costituzionalmente riservate al potere  giudiziario  ...  la
retroattivita' della norma ... reca un  vulnus  alle  stesse,  quando
travolge gli effetti delle pronunce  divenute  irrevocabili  (tra  le
piu' recenti, sentenze n. 209 del 2010, n. 364 del 2007) e, comunque,
nel caso in cui la disposizione non stabilisce una  regola  astratta,
ma mira a risolvere specifiche controversie (ex plurimis, sentenza n.
94 del 2009), risultando diretta ad incidere sui  giudizi  in  corso,
per determinarne gli esiti (sentenza n. 170 del 2008)». 
    Nel caso di  specie  il  giudice  delle  leggi  aveva  dichiarato
infondata la questione di legittimita' costituzionale  in  quanto  la
disposizione  statale  era  intervenuta   mentre   il   giudizio   di
responsabilita' erariale si trovava ancora nella fase pre-processuale
dell'invito  a  dedurre   e,   pertanto,   era   stata   riconosciuta
l'astrattezza  e  la  generalita'  della  norma  impugnata   in   via
incidentale dal giudice contabile. 
    Orbene,  nel  caso  all'odierno  esame,  come   e'   gia'   stato
diffusamente riferito, le norme  provinciali  impugnate  intervengono
dopo ben tre consecutivi giudizi di non  parifica  per  irregolarita'
delle  poste  contabili,  decisioni  mai  appellate  dalla  Provincia
autonoma di Bolzano (cfr. art. 11, comma 6, lettera e),  del  decreto
legislativo  n.  174/2016)   e   pertanto   divenute   irretrattabili
acquisendo natura di «giudicato formale». 
    Ma l'interferenza con il potere giudiziario della Corte dei conti
si apprezza anche con  riferimento  al  giudizio  di  responsabilita'
radicato dalla procura contabile successivamente  e  conseguentemente
ai giudizi di parifica di cui si e' detto. 
    In particolare, l'art. 2 e l'art. 17 della legge  provinciale  n.
9/2017 sono intervenuti a disciplinare la  materia  quando  era  gia'
stato emesso l'atto di citazione (quindi in fase processuale), mentre
l'art. 1 e l'art. 3 della legge  provinciale  n.  1/2018  sono  stati
approvati addirittura successivamente alla sentenza  di  condanna  n.
52/2017 emessa dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti di
Bolzano. 
    Chiarissime al riguardo sono le parole  del  segretario  generale
della giunta provinciale di Bolzano, intervenuto all'udienza camerale
di contraddittorio svoltasi il giorno 20 giugno 2018 nell'ambito  del
giudizio di parifica. Su specifica  richiesta  di  un  componente  di
queste  sezioni  riunite,  finalizzata  ad  avere  chiarimenti  sulle
ragioni che  hanno  indotto  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  ad
adottare una  successiva  legge  provinciale  (legge  provinciale  n.
1/2018) a cosi' breve distanza dalla  legge  provinciale  n.  9/2017,
l'alto funzionario ha esplicitamente affermato che tra la prima e  la
seconda legge e' intervenuta la sentenza di condanna della Corte  dei
conti. 
    Le norme impugnate appaiono, quindi, aventi  natura  specifica  e
concreta ed interferiscono  palesemente  con  il  potere  giudiziario
della Corte dei conti (tanto in sede di  controllo,  quanto  in  sede
giurisdizionale) arrecando ad esso un grave vulnus. 
    38.  Inoltre,  si  evidenzia  che  l'intervento  retroattivo  del
legislatore provinciale si pone in conflitto anche con l'art. 6 CEDU,
in tema di giusto processo, e con l'art. 1 del protocollo addizionale
da qualificarsi come parametri interposti. 
    Quando  infatti  la  legge,   disponendo   in   via   retroattiva
(irrilevante se in forma  di  interpretazione  autentica),  devia  il
corso  del  processo  o,  in  altri  termini,  se  vi  e'  arbitraria
interferenza sul processo in corso da parte della legge,  si  profila
un abuso processuale con conseguente violazione dell'art. 6 CEDU. 
    Di abuso si parla perche' la funzione legislativa non trova  piu'
alcuna  giustificazione  negli  interessi   generali   ed   astratti,
veicolati  di  regola  nell'ordinamento  con  la  forma  legislativa.
«Infatti, i principi dello stato di diritto e la nozione di  processo
equo, sancito dall'art. 6  della  CEDU,  vietano  l'interferenza  del
legislatore  nell'amministrazione   della   giustizia   destinata   a
influenzare l'esito  della  controversia,  fatta  eccezione  che  per
motivi imperativi di interesse generale  (ex  plurimis,  sentenze  11
dicembre 2012, De Rosa e altri contro Italia, 14 febbraio 2012, Arras
e altri contro Italia, 7 giugno 2011, Agrati e altri  contro  Italia,
21 giugno 2007, SCM  Scanner  de  L'Ouest  Lyonnais  e  altri  contro
Francia)» (Corte cost., sentenza n. 127/2015). 
    Nel caso di specie il legislatore provinciale e' intervenuto  per
riqualificare (come lecito) un  fatto  gia'  verificatisi  nel  mondo
empirico e qualificato - dai giudici di questa Corte  con  la  citata
sentenza n. 52/2017 (supra, al punto 19)  -  come  generatore  di  un
illecito contabile. 
    In una valutazione complessiva, che tenga  altresi'  conto  della
assenza di un  assetto  giurisprudenziale  solcato  da  incertezze  e
contrasti, preso atto del fatto che  il  legislatore  provinciale  ha
simulato, soprattutto con  la  legge  n.  1/2018,  un'interpretazione
autentica, giacche' la  norma  ribadisce  definitivamente  quanto  le
preesistenti disposizioni in modo  univoco  gia'  affermavano  (senza
possibilita' di duplicita' di sensi o  ambiguita'  dei  significati),
unitamente alla constatazione, piuttosto, che  le  leggi  provinciali
del 2017 e del 2018 siano state adottate in concomitanza con un certo
andamento  del  processo,  tutto  questo  corrobora,   quali   indici
sintomatici, il sospetto che il legislatore provinciale abbia abusato
della funzione legislativa per orientare un giudizio. 
    La giurisprudenza costituzionale  (e  non  solo  quella  europea)
addiviene   ad   una   tendenziale    riprovazione    dell'intervento
legislativo, se e  nella  misura  in  cui  la  legge  retroattiva  e'
connotata  da  una  palese  volonta'  di  interferenza  su   rapporti
giuridici  gia'  definiti  da  pronunce  giurisdizionali  passate  in
giudicato. 
    Nel presente caso, in conclusione, le leggi provinciali (fin  dal
2015,  a  ben  vedere)  trasmodano  in  una  forma  di  irragionevole
«ingerenza» rispetto a giudizi di parificazione dei rendiconti  e  di
responsabilita' amministrativo-contabile, che hanno chiaramente -  si
ribadisce - stigmatizzato con rigore giuridico la  contrarieta'  alle
norme dell'ordinamento, sotto molteplici profili, del  meccanismo  di
trasformazione di  indennita'  dirigenziali  e  di  coordinamento  in
assegni fissi, personali  e  pensionabili  corrisposti  a  funzionari
privi ormai di dette funzioni e delle connesse responsabilita'. 
    39. Le norme provinciali della cui legittimita' costituzionale si
dubita si appalesano altresi' in contrasto con l'art. 117,  comma  2,
lettera o), della Costituzione,  nella  parte  in  cui  prevedono  la
trasformazione delle indennita', alla  cessazione  dell'incarico,  in
assegno personale pensionabile in base al sistema retributivo. 
    Lo statuto speciale di autonomia non attribuisce  alla  Provincia
autonoma di Bolzano alcuna competenza nelle  materie  concernenti  la
previdenza e le assicurazioni sociali, neanche con  riferimento  alla
previdenza    integrativa    (attribuita    quest'ultima,     invece,
esclusivamente alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol). 
    Conseguentemente,  le   disposizioni   introdotte   dalla   legge
provinciale n. 9/2017 e dalla legge provinciale n.  1/2018  in  esame
violano l'art. 117, comma  2,  lettera  o)  della  Costituzione,  che
devolve alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la  materia
della previdenza sociale. 
    Una simile previsione, del resto, comporta impatti  significativi
sul  meccanismo  di  calcolo  del  trattamento  di   quiescenza   non
preventivati dal legislatore nazionale al momento della  riforma  del
sistema pensionistico. Tale disposizione,  oltre  a  potere  produrre
eventuali futuri effetti emulativi,  contrasta  con  l'art.  3  della
Costituzione, per violazione del principio di  uguaglianza;  cio'  in
quanto il personale di tutte le amministrazioni pubbliche  e  private
si troverebbe di fronte ad una diversita' di trattamento. 
    In tema di previdenza, l'orientamento della Corte  costituzionale
e' stato omogeneo nel corso degli  anni,  nella  chiara  affermazione
della esclusiva competenza statale in  materia.  Da  ultimo,  con  la
sentenza n. 98/2013, la Corte ha censurato il  legislatore  regionale
per il fatto di richiamare ed utilizzare  «del  tutto  impropriamente
istituti  tipici  di  previdenza  sociale,  congegnati  dallo   Stato
(nell'esercizio della sua competenza esclusiva) per soddisfare  altre
finalita'». 
    La Consulta ha contestualmente ribadito che solo  lo  Stato  puo'
estendere  l'ambito  soggettivo  e/o  oggettivo  di  applicazione  di
disposizioni che  rientrano  in  materie  di  competenza  legislativa
esclusiva statale, tra cui  specificamente  quello  della  previdenza
sociale. Tale principio era, tra l'altro, gia' stato affermato  nella
sentenza  n.  325/2011,  che  censura  l'estensione  dell'ambito   di
applicazione  della  disciplina  previdenziale  statale  relativa  al
personale delle  pubbliche  amministrazioni  ai  dipendenti  pubblici
nominati assessori regionali, in quanto «non spetta alla legislazione
regionale disporre una equiparazione  del  trattamento  previdenziale
degli assessori regionali non consiglieri con quello degli  assessori
che ricoprano la carica di consigliere. Ove tale equiparazione  fosse
effettuata con legge regionale, come nel caso in esame, non  solo  si
avrebbe una lesione  della  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato,  ma  si  determinerebbero  difformita'  nella  disciplina  del
trattamento previdenziale dei  dipendenti  pubblici  da  una  regione
all'altra». 
    Il richiamo alla necessita'  di  una  disciplina  necessariamente
unitaria e' presente anche nella  sentenza  n.  189/2011,  in  merito
all'equiparazione, ai fini contributivi, al  lavoro  subordinato  del
servizio prestato in via precaria dal personale assunto per  chiamata
fiduciaria  nelle   segreterie   particolari   degli   amministratori
regionali: tale  disposizione,  nell'attribuire  ad  un  rapporto  di
lavoro  essenzialmente  precario   una   qualificazione   di   lavoro
subordinato, ai fini  pensionistici,  incide  in  modo  chiaro  nella
materia della «previdenza sociale» che, in  base  a  quanto  disposto
dall'art. 117, comma 2, lettera o), Cost., rientra  nella  competenza
esclusiva dello Stato. 
    Gia' con la legge 8 agosto 1995,  n.  335  (Riforma  del  sistema
pensionistico obbligatorio e complementare), il sistema previdenziale
e'  stato  ridefinito  alla  stregua  di  criteri  di   calcolo   dei
trattamenti  pensionistici   commisurati   alla   contribuzione.   E,
successivamente, il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214  (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici),  dispone
all'art. 24, comma 2, che «a  decorrere  dal  1°  gennaio  2012,  con
riferimento alle anzianita' contributive maturate a decorrere da tale
data, la quota  di  pensione  corrispondente  a  tali  anzianita'  e'
calcolata secondo il sistema contributivo». 
    E' di macroscopica evidenza  l'illegittimita'  costituzionale  di
una norma che correla il calcolo del trattamento pensionistico  delle
suddette indennita' dei  dipendenti  pubblici  regionali  al  sistema
retributivo, invece che a quello  contributivo,  sistema  di  calcolo
quest'ultimo  introdotto  allo  scopo  di  favorire  il  riequilibrio
finanziario e di  rimuovere  le  sperequazioni  e  le  diseguaglianze
provocate dal calcolo  retributivo  (vedi  relazione  dell'undicesima
commissione permanente, lavoro e previdenza sociale,  al  disegno  di
legge  di  riforma   del   sistema   pensionistico   obbligatorio   e
complementare  del  1995).  Un  meccanismo  cosi'  strutturato  entra
ulteriormente  in  conflitto  con   l'art.   36,   comma   1,   della
Costituzione,  norma  che  si  declina   anche   nel   principio   di
proporzionalita' fra trattamento pensionistico e quantita' e qualita'
del lavoro prestato durante il servizio attivo (Corte cost., sentenza
n. 82/2017). 
    Ed oltre a cio', la determinazione, ai fini pensionistici, con il
sistema  retributivo  delle  indennita'  percepite   dai   dipendenti
provinciali va inopinatamente ad impattare anche sugli  equilibri  di
bilancio dell'ente previdenziale del pubblico impiego (INPS) causando
un inutile aggravio di spesa pensionistica. 
    40. Siffatta prospettazione appare ulteriormente  corroborata  da
quanto si legge una nota dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale
delle pubbliche amministrazioni (nota  prot.  2863/07  del  14  marzo
2007), menzionata a  pag.  201  della  relazione  di  queste  sezioni
riunite sul rendiconto generale della Provincia autonoma di Bolzano -
esercizio  finanziario  2014:  «L'Agenzia   per   la   rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni, con nota prot. n.  2863/07
del 14 marzo 2007, indirizzata  alla  procura  regionale  di  Bolzano
della Corte dei conti, ha osservato - premesso che da una analisi dei
testi  contrattuali  vigenti  non  risultano  in   ambito   nazionale
discipline di contenuto identico o analogo a quelle locali - che "...
come  piu'  volte  evidenziato  dall'INPDAP,  non  spetta  alla  sede
contrattuale esprimere giudizi in ordine alla pensionabilita' o  meno
dei vari trattamenti economici, in quanto trattasi di un aspetto  che
rientra  nella  autonoma  capacita'  di   valutazione   e   decisione
riconosciuto all'ente previdenziale direttamente dalla legge"». 
    41. Da ultimo, in  conformita'  alla  consolidata  giurisprudenza
della Corte costituzionale, queste sezioni riunite ritengono di dover
verificare se siano possibili  ipotesi  interpretative  delle  citate
disposizioni provinciali  che  consentano  di  superare  i  dubbi  di
costituzionalita' sopra esposti. 
    Si   ritiene   tuttavia,   che   non   vi   siano    spazi    per
un'interpretazione costituzionalmente orientata, poiche' qualsivoglia
approccio  esegetico  e'  inibito  dal  carattere  perentorio   delle
disposizioni, alla stregua anche  della  chiara  voluntas  legis  del
legislatore provinciale (espressa, peraltro, chiaramente  e  in  modo
inequivoco dal presidente della  giunta  provinciale  nel  corso  del
contraddittorio orale durante il giudizio di parifica) che detta  una
disciplina  di  dettaglio  per  il  futuro  e  salvaguarda  l'assetto
contrattuale preesistente, nonche' dalla mancanza nell'ordinamento di
norme e  principi  in  grado  di  consentire  di  emendare  le  norme
provinciali con l'ausilio dell'analogia.